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Una truffa di circa 200mila euro tra denaro e gioielli. E’ quanto recuperato dai carabinieri di Siena in oltre 50 episodi di truffa a danni di persone anziane. Gli episodi sono avvenuti tutti nel centro Italia da una banda che ha sede a Napoli. L’operazione ‘Vulturius’, che ha visto l’impiego di oltre 100 militari dei comandi di Siena,Napoli, Milano, Brescia, Rimini e Pistoia. Undici dei dodici provvedimenti cautelari, emessi dal gip del tribunale di Siena, sono stati eseguiti tra Napoli e Milano. Uno dei malviventi è ancora latitante. Sette le misure cautelari in carcere, tre ai domiciliari e due obblighi di dimora. Nel corso dell’operazione sono stati effettuati altri sei arresti in flagranza. Perquisizioni anche a Brescia, Rimini e Pistoia. I reati contestati vanno dall’associazione per delinquere finalizzata alla truffa o all’estorsione, alla truffa aggravata; dal favoreggiamento personale o reale alla ricettazione. Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Siro De Flammineis, sono partite ad agosto scorso da alcuni episodi di raggiro avvenuti a Siena. I militari hanno individuato anche un importante canale di ricettazione in un appartamento di Milano. A Napoli c’era una “centrale telefonica” che, attraverso l’utilizzo di schede telefoniche intestate a cittadini pakistani, individuava gli anziani da raggirare. I criminali, spacciandosi per carabinieri o avvocati, raccontavano che un parente dell’anziano era coinvolto in un grave sinistro, che aveva ucciso una persona, rischiando di andare in carcere e che occorreva provvedere a pagare un primo risarcimento dei danni per evitare il carcere. Ottenuta la disponibilità delle vittime, la banda inviava un “corriere”, spacciato per avvocato, a casa degli anziani, per lo più donne, dove recuperava denaro, gioielli e qualunque valore fosse presente in casa. Gli anziani veniva invitati a contattare il 112 per avere conferma di quanto accaduto. Al numero indicato rispondeva un complice che confermava la falsa versione dei fatti. I telefonisti riuscivano, durante la conversazione, a farsi dire il nome di figli dagli anziani stessi, utilizzandoli per impressionarli maggiormente. Al trasfertista veniva pagato il viaggio di andata e ritorno da Napoli con treno e, raggiunta la meta, anche il taxi solo per l’andata. Una volta raccolto il bottino, rientrava a Napoli o raggiungeva Milano per piazzare la refurtiva a dei ricettatori. Ai trasfertisti veniva riconosciuta una quota per il lavoro svolto. La banda è accusata anche di aver realizzato Truffe ad attività commerciali, alle quali veniva offerta la vendita di pepite e lingotti d’oro falsi.
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