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‘Spinoza e la storia’, a cura di Cristina Zaltieri e Nicola Marcucci edito da Negretto Editore

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Tutto ciò che Dio rivelò ai profeti, fu loro rivelato o con parole o con figure, o nell’uno e nell’altro modo. Ma le parole, e anche le figure, o furono vere, e reali al di fuori dell’immaginazione del profeta in ascolto o in contemplazione, ovvero immaginarie.” ‒ Baruch Spinoza ‒ “Trattato teologico-politico”.
In tutte le librerie virtuali e fisiche dal primo maggio 2019 è disponibile “Spinoza e la storia” un saggio critico sul filosofo olandese Baruch Spinoza(Amsterdam, 24 novembre 1632 – L’Aia, 21 febbraio 1677) comprendente una ricca selezione di saggi curati da Cristina Zaltieri e Nicola Marcucci, pubblicato nella collana “Il corpo della filosofia” per la casa editrice mantovana Negretto Editore.
“Per circa tre secoli l’immagine di Spinoza è stata legata a quella del filosofo metafisico della Sostanza unica che sommerge nel suo oceano infinito ogni finitezza, ogni singolarità, ogni durata. Così fino a tempi recenti – e in parte ancor oggi – la letteratura spinozista ha espunto dal pensiero di Spinoza alcuna possibilità di pensare tempo, durata e storia in una guisa che, alla lettura attenta dei testi, ci appare ora indebita.” ‒ Cristina Zaltieri
Il saggio si apre con l’introduzione “Spinoza. Come pensare altrimenti la storia” di Cristina Zaltieri nella quale sono illustrate le quattro parti che compongono l’ambizioso e ben riuscito progetto corale di nuova rilettura del filosofo olandese seguendo la moderna attenzione riservatagli dai filosofi Gilles Deleuze e François Zourabichvili.
La curatrice antepone il caso di Gorgia di Lentini considerato dai più “solo un retore” perché Aristotele non colse ‒ o non volle considerare per motivi di diversa concezione del mondo ‒ il valore filosofico ed il senso tragico del primo nonché la “portata speculativa della sua riflessione sul linguaggio, sull’esistenza, sul senso dell’azione umana, sulla conoscenza”. Così anche Spinoza è stato sin da subito etichettato secondo lo stereotipo di negatore della storia, un preconcetto che ha danneggiato fortemente la possibilità di interpretare i concetti spinoziani di tempo e di storia espressi e che ha alimentato fra i pensatori dell’epoca ‒ e successivi ‒ una guerra tra detrattori e difensori di Spinoza.
Cristina Zaltieri, in chiusura, incoraggia il lettore rivelando Spinoza “come pensatore capace di forgiare lenti per nuove potenzialità di visione del divenire, in grado di modificare il nostro sguardo sulla storia evidenziandone aspetti sovente rimossi: la natura di automaton che spesso caratterizza l’agire umano, l’evenemenzialità mai del tutto assorbita dalla narrazione causale su cui s’edifica il sapere storico, l’intreccio di pluralità policroniche irriducibile all’universalismo di un’unica Storia, l’inevitabile radicamento di ogni narrazione sul fondamento di una memoria immaginativa, il prospettivismo che la abita, dove ogni prospettiva è sempre incarnata in un corpo finito, per lo più mosso nei suoi gesti – privati e pubblici che siano – da affetti potenti.”
La prima parte, “Alle radici di una storia spinoziana”, inizia con il saggio di Chiara Bottici e Miguel de Beistegui “Il sifone teologico-politico: storia sacra e disciplina idraulica degli affetti”, seguono il saggio di Patrizia Pozzi “Storia nella Scrittura e storia della Scrittura. Historia e toledot nel Trattato teologico-politico di Spinoza”; “Tra natura e storia: il caso degli usi e dei costumi” di Francesco Toto; “Memoria di un segno senza storia ‒ Meraviglia, rivelazione e superstizione secondo Spinoza” di Nicola Marcucci. “La meraviglia è definita da Spinoza una «affezione della mente» (affectio mentis). È quindi innanzitutto questa qualificazione che sembra mettere l’admiratio in linea con la definizione cartesiana della meraviglia come una passione dell’anima e non del corpo. […] Il corpo per Spinoza è costituito da una concatenazione di affezioni, che sono il prodotto dei molteplici rapporti che il nostro corpo − costituito di una molteplicità d’individui − intrattiene con altri corpi. L’oggetto dell’idea che costituisce la mente umana è quindi una serie mutevole di affezioni che legano attualmente il nostro corpo a una serie di incontri con altri corpi nel corso dell’esperienza.” ‒ Nicola Marcucci.
La seconda parte, “Una solitudine condivisa. Tra precursori e seguaci”, prende avvio con il saggio di Augusto Illuminati “Il momento machiavelliano in Spinoza”, seguono il saggio di Guillermo Sibilia “Spinoza tra cartesianesimo e spinozismo: sulla temporalità nei Principi della filosofia di Cartesio, nei Cogitata Metaphisica e nella Lettera sull’infinito”; “La comune natura (su Vico e Spinoza)” di Riccardo Caporali; “Nietzsche e Spinoza contro la moderna formazione dell’umano” di Cristina Zaltieri.
“Spinoza viene denunciato da Vico quale sostenitore del moderno utilitarismo, e del meccanicismo che lo giustifica e lo contiene. Un parente stretto di Machiavelli, Hobbes, Bayle e Locke: «seguaci», costoro, del «caso» di Epicuro, mentre lui (l’autore dell’Etica e del TTP: le opere esplicitamente menzionate da Vico) deve considerarsi un cultore del «fato» degli stoici, gli «spinozisti dell’antichità». Cattivo utilitarismo, in ogni caso, cui va contrapposto il buon provvidenzialismo: il provvidenzialismo della tradizione cristiana ma anche, e prima ancora, quello dei «filosofi politici» Platone e Cicerone, in virtù del quale l’utile è non la causa transeunte e precaria della giustizia, ma al contrario l’«occasione» per l’emergere dell’idea eterna del giusto: la misura mentale, costante e coerente, delle utilità.” ‒ Riccardo Caporali
La terza parte, “Contro la lettura astorica”, vede come primo saggio “Spinoza e la storia” di Vittorio Morfino, seguono il saggio di Thomas Hippler “L’etica dello storico spinozista”; “La storia, la saggezza, la morte. Spinoza e la destinazione dell’uomo secondo Enrico Maria Forni” di Andrea Cavazzini; “Le regole che gli ebraisti avrebbero potuto dedurre (Natura e istruzione)” di Homero Santiago. “Lo spinozismo sarebbe la filosofia «dell’eterno mezzogiorno», poetica trascrizione del medievale nunc stans. Questo passo costituisce una sorta di paradigma in relazione alla questione della rimozione della storia e alle ragioni di questa rimozione: la storia si perde nell’oceano della sostanza, nell’«abisso della sostanza», per utilizzare un’espressione cara agli idealisti tedeschi. Dunque, la ragione dell’assenza totale della storia nella filosofia di Spinoza sarebbe la presenza, l’onnipresenza, si può dire, dell’eternità. In altre parole, l’immanenza stessa del Dio-sostanza, la sua temporalità eterna, il suo eterno mezzogiorno, sarebbe la causa della dissoluzione di ogni forma di temporalità e di storicità mondana.” ‒ Vittorio Morfino
La quarta parte, “Spinoza oltremoderno”, si apre con il saggio di Ezequiel Ipar “Sulla natura e sull’eventualità della democrazia”, seguono il saggio di Manfred Walther “La dottrina spinoziana del conatus come fondamento di una logica evoluzionistica, ovverosia storia della cultura?”; “Spinoza: storia e politica in prospettiva” di Maria de Gainza; “Libertà di Dio, libertà degli uomini. Sulla storia del popolo ebraico nel TTP” di Stefano Visentin.

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Articolo pubblicato il giorno 25 Giugno 2019 - 19:04 / di Cronache della Campania

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