“Tra il 2010 e il 2011 eravamo davanti a un gruppo criminale che in un determinato momento storico del Paese aveva come obiettivo quello della caccia all’uomo, al ‘compagno’ e lo ha fatto in diverse azioni violente”. A dirlo in aula il pm Catello Maresca nella requisitoria del processo davanti alla seconda Corte d’Assise di Napoli nei confronti di 34 attivisti del gruppo di estrema destra Casapound. Al termine, Maresca ha chiesto pene tra gli otto anni e un anno per i reati di associazione sovversiva e banda armata. Tra gli imputati Enrico Tarantino, per il quale il magistrato ha chiesto otto anni di reclusione, ed Emanuela Florino, figlia di un ex parlamentare, per la quale sono stati chiesti sei anni. In totale le condanne richieste sono state trenta.
Il processo in corso a NAPOLI nei confronti dei 34 militanti di Casapound, giunto ormai alle battute finali, riguarda fatti avvenuti a NAPOLI ormai diversi anni fa, precisamente tra il 2010 e il 2011. Dall’emissione delle ordinanza cautelari, ai ricorsi al Tribunale del Riesame, a quelli in Cassazione, (la Suprema Corte ha confermato le ipotesi di reato formulate dalla Procura), il procedimento ha subi’to un’accelerazione solo nell’ultimo anno e mezzo, in particolare da quando il fascicolo e’ stato affidato al sostituto procuratore Catello Maresca. In questo periodo si sono tenute mediamente due udienze a settimana, davanti al collegio presieduto dal giudice Barbarano. Oggi il pm ha consegnato una corposa memoria (circa 1200 pagine) nella quale ha ripercorso tutte le fasi del procedimento e ricordato la sequenza di aggressioni che sono avvenute in quel periodo a NAPOLI, connotate dalla volonta’ da parte degli imputati di volere affermare, ha sottolineato Maresca, “i propri ideali attraverso l’uso della violenza”. “I militanti e i leader di Casapound indagati – ha detto ancora il magistrato – non hanno mai disdegnato lo scontro, anche con le forze dell’ordine che, in numerose occasioni, sono anche riuscite a sventare gli assalti grazie a una costante operazione di monitoraggio attraverso intercettazioni perlopiu’ ambientali (molti sospettavano che i cellulari potessero essere sotto controllo e quindi evitavano di usarli in certe circostanze)”. Intercettazioni, contenute negli atti delle indagini, che evidenziano anche i profili nazifascisti di alcuni dei cosiddetti leader. Come quando due dei promotori, rivolgendosi ad alcuni giovani adepti nell’ambito di un seduta di formazione organizzata nella location dove si riunivano, hanno esaltato passaggi del “Main Kampf” di Adolf Hitler. Le ambientali hanno anche fatto emergere l’intenzione di dare fuoco a negozi i cui titolari erano ebrei e, addirittura, l’intenzione di violentare una studentessa ebrea. Uno dei paragrafi della memoria riguarda anche il sequestro del materiale che gli imputati avevano messo da parte per le aggressioni: cavi elettrici destinati a diventare delle fruste, mazze di legno e di metallo da utilizzare per picchiare i gruppi di sinistra antagonisti e bottiglie di vetro da utilizzare come molotov o da riempire di urina per poi lanciarle anche contro le forze dell’ordine durante gli scontri di piazza. Maresca ha anche formulato richieste di pena alternative (tra 5 anni e 2 anni e sei mesi) nei confronti degli imputati, alcuni dei quali si sono presentati come candidati in alcune tornate elettorali, qualora non venisse riconosciuta l’associazione sovversiva. La prossima udienza, che segnera’ l’inizio delle arringhe dei numerosi avvocati della difesa, e’ stata fissata per il 10 settembre.
Articolo pubblicato il giorno 19 Giugno 2019 - 20:14