Napoli. Nel corso dell’indagine che ha portato oggi all’arresto di 126 membri dei clan di camorra Contini, Licciardi e Mallardo federati nella famosa “Alleanza di Secondigliano” è stato possibile, spiegano gli inquirenti, documentare come l’organizzazione, attraverso il gruppo facente capo a un esponente di spicco del clan Contini, Antonio Muscerino, aveva la capacità di anticipare l’azione di magistratura e forze dell’ordine. Questo grazie a una fitta rete di fiancheggiatori, tra cui una dipendente del ministero della Giustizia impiegata presso l’ufficio del gip del tribunale di Napoli. Concetta Panico finita agli arresti domiciliari, è imparentata con Antonio Pengue (finito in carcere), uno dei presunti affiliati al clan. Quest’ultimo, attraverso la Panico, nel gennaio del 2014, venne a conoscenza in anticipo dell’emissione di una ordinanza di custodia per 90 presunti esponenti al clan Contini. Da alcune conversazioni intercettate è stato possibile comprendere come Pengue, fosse venuto a conoscenza del provvedimento cautelare. In quell’occasione Pengue fu rassicurato sul fatto che nell’elenco non figuravano i nomi di Antonio Muscerino né degli uomini del suo gruppo. Le indagini hanno permesso di accertare che in quel periodo la donna era entrata nei file dell’inchiesta utilizzando abusivamente alcune password e consultando l’elenco degli indagati.
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