Dobbiamo ribadire la necessità si procedere alla nuova stesura per il riconoscimento e valorizzazione dell’Albicocca Vesuviana, con un tavolo di concertazione assieme alle istituzioni nazionali competenti, locali ed al comitato promotore, perché questo non è il momento delle polemiche, ma non è ammissibile, che non si adoperi per questo importante prodotto di eccellenza del Vesuvio, a fronte della quale saranno chiamati a pagare gli imprenditori ed i lavoratori del settore, i consumatori e anche il prestigio stesso dell’agroalimentare campano. L’albicocca è il frutto che contiene le dosi più elevate in assoluto di potassio e carotene. Entrambi i nutrienti sono molto importanti d’estate: assumere buone quantità del primo è molto essenziale per ripristinare quello che si perde con la sudorazione, mentre il carotene è essenziale per favorire un’abbronzatura veloce e duratura. Inoltre l’albicocca è anche ricchissima di vitamina A, oltre alle vitamine B, C e PP e di vari oligoelementi (magnesio, fosforo, ferro, calcio) e questo ne fa un alimento irrinunciabile per chi è anemico, spossato, depresso, cronicamente stanco. Si raccomanda ai convalescenti, ai bambini nell’età della crescita e agli anziani, ma è sconsigliato a chi soffre di calcoli renali. L’albicocca ha, inoltre, notevoli proprietà lassative, favorite dalla presenza del sorbitolo. E’ un frutto ipocalorico, molto nutritivo e altamente digeribile, soprattutto se consumato ben maturo. Si presta anche alla cura dell’anemia e aiuta ad aumentare le reazioni naturali di difesa dell’organismo. Le albicocche possono essere consumate al naturale oppure essiccate o sciroppate e naturalmente in confettura. Una delle prime testimonianze precise della presenza di albicocchi in Campania è dovuta a Gian Battista Della Porta, scienziato napoletano, che, nel 1583, nell’opera Suae Villae Pomarium distingue due tipi di albicocche: bericocche e crisomele, più pregiate. Da questo antico termine deriverebbe, quindi il napoletano crisommole ancora oggi usato per indicare le albicocche, e da cui sarebbero derivate, inoltre, le crisomele alessandrine, che ancora esistono nell’area vesuviana. Nel secolo scorso il testo ad opera di autori vari, Breve ragguaglio dell’Agricoltura e Pastorizia del Regno di Napoli, del 1845, riconosce l’albicocco come l’albero più diffuso, dopo il fico, nell’area del napoletano, e precisamente in quella vesuviana, “dove viene meglio che altrove e più maniere se ne contano, differenti nelle frutta …”.Cosi è intervenuto il Rappresentante della Consulta Nazionale dell’Agricoltura e Turismo, già Delegato della Provincia per il settore Agricolo, componente del Dipartimento Nazionale Agroalimentare Ambiente Acqua Ristorazione Servizi e Promozione Turistica,Rosario Lopa, partecipando alla raccolta annuale delle Albicocche sul Vesuvio.
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