“Ho conosciuto Enzo Cutolo e Gennaro Carra, che sono gli esponenti di spicco della “44”, nel 2016. Loro sono tra gli esponenti di maggior rilievo ma l’ultima parola spetta sempre a Geppina, madre di Enzo Cutolo e moglie di Salvatore Cutolo,il quale si trova detenuto al regime di 41 bis…”. A parlare è il ras pentito del clan Mele, Salvatore Romano detto muollo muoll. In un verbale datato 7 gennaio 2018, agli atti dell’ordinanza cautelare che due settimane fa ha portato in carcere i vertici dei clan Cutolo il collaboratore di giustizia ha svelato alcuni retroscena inediti degli affari e delle alleanze tra i clan di Pianura, Soccavo, Fuorigrotta e Rione Traiano. “…Li ho conosciuti in occasione di una pace-a raccontato ancora Romano-che noi del clan Mele siglammo con la “44” su ordine di Enzo Mele a seguito delle insistenze del gruppo Sorianiello e in particolare di Simone Sorianiello, Peppe Mazzacagna e altri. La pace si rese necessaria perché in precedenza Giuseppe Mele dal carcere aveva fatto sapere che voleva uccidere Geppina, in quanto la stessa era il vero capozona della 44. Facemmo dunque un incontro nella “44” in un appartamento al primo piano. Eravamo io, Vincenzo Mele, Enzo Cutolo, Genni Carra, il Calone, o’ Bruno e non ricordo se c’erano anche Musella o Pasquale Esposito. In quell’occasione i Cutolo della 44 mi riconobbero un ruolo impor-tante e in seguito mi garantirono che se avessi avuto bisogno di loro mi avrebbero sostenuto in un’eventuale scissione dai Mele…Con riferimento a Geppina, preciso che quando si verificò l’episodio nel quale venne picchiato Fortunato Spina, di cui ho già parlato in un precedente verbale, Vincenzo Mele fu chiamato al cospetto di Geppina che lo umiliò e minacciò dicendogli che non doveva permettersi mai più e che lui al Parco San Paolo era soltanto un ospite…Sempre Geppina, dopo l’omicidio di Pisa, di cui pure ho già riferito, quando noi ci recammo alla “44” a parlare con Genni Carra ed Enzo Cutolo, non ricordo se ci fosse anche Patrizio, che comunque era sempre presente, per chiedere l’autorizzazione a uccidere lo Spina Fortunato, ci mandò a dire, a me e a Vincenzo Mele e a noi tutti dei Mele, di lasciare stare lo Spina perché altrimenti sarebbe successa la guerra, tant’è vero che da quel momento nulla facemmo contro di lui…”.
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