Napoli si prepara ad abbracciare per la seconda volta Papa Francesco. Un incontro che i fedeli partenopei hanno atteso per per quattro anni, dopo la storica visita del 2015, quando celebrò la messa in piazza del Plebiscito, visitò i detenuti di Poggioreale e si congedò augurando alla città: “‘A Maronna v’accumpagn”, sulle note di O Sole mio. Questa volta, il Papa sarà relatore e chiuderà i lavori del convegno di due giorni ‘La Teologia dopo Veritatis gaudium nel contesto del Mediterraneo’ alla Pontificia Facoltà teologica dell’Italia Meridionale, sul golfo dalla collina di Posillipo. Il contrasto alla corruzione, un nuovo umanesimo fondato sulla fratellanza tra i popoli, il Mediterraneo come mare di incontro tra culture differenti sono alcuni dei temi che vengono affrontati. L’incontro insomma delinea le sfide della nuova frontiera del Mare nostrum (migrazioni, intercultura, dialogo) per poi proporre soluzioni. Non si poteva trovare, forse, un relatore migliore del Papa argentino che dall’inizio del suo pontificato denuncia la decadenza della più grande culla di culture, diventata il più grande cimitero collettivo del mondo. Nella singolare veste di convegnista e relatore, ascolterà a partire dalle 9 gli interventi dei docenti che si alterneranno sul palco e prenderà la parola per una riflessione che muove dalla riforma degli studi ecclesiastici. Ad accoglierlo, Bergoglio troverà un sindaco che è molto vicino alle sue posizioni. “Di questi tempi in cui c’è chi pensa di sigillare il mare, di costruire mura, realizzare chilometri di filo spinato, noi pensiamo che il mare debba essere luogo di vita, in cui si possano incontrare i popoli per unirsi nelle loro diversità per salvare il pianeta, il nostro mare non può essere un cimitero. Il Mediterraneo non deve essere l’olocausto del terzo millennio”, scrive Luigi De Magistris a Bergoglio, in attesa di dargli il benvenuto. Nella lotta a chi vuole costruire “mura di rancore e razzismo”, il primo cittadino trova l’opera di Francesco “potente”: “C’è chi usa ruspe per far emergere rancori, paure ed egoismi, facendo credere che le infelicità sono colpa di chi è diverso da noi, fragile e povero, non invece causa di un Sistema che crea insopportabili disuguaglianze; c’è chi opera, invece, per far prevalere l’amore sull’odio e consentire alle persone di scegliere”.Napoli guarda quasi fisicamente al Mediterraneo, ma “non è solo un fatto fisico”, dice a Vatican News l’arcivescovo della città, Crescenzio Sepe: “Napoli è culturalmente strutturata per fare da ponte. È una città aperta per sua natura, per quella che la sua storia ma anche la sua arte, anche quella che è l’aspirazione della gente. Quelli che vengono da lontano qui sono accolti, sono integrati, si sentono a loro agio con le dovute eccezioni qualche volta di qualche episodio, ma di fatto a sentire loro stessi – riceviamo questi migranti ufficialmente due volte l’anno – vivono in un ambiente che non è loro ostile e sanno dare aiuto anche quando è necessario”.
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