foto di repertorio
Si è concluso, davanti al gip di Napoli, Isabella Iaselli, l’incidente probatorio sulla cosiddetta tragedia del vulcano Solfatara del 12 settembre 2017 durante la quale persero la vita tre turisti del Veneto, Massimiliano Carrer, la moglie Tiziana Zaramella e il figlio Lorenzo, quest’ultimo il primo a precipitare in una cavità colma di gas tossico che poi uccise anche il padre e la madre, nel disperato tentativo di salvare il bambino. Il giudice, nell’aula 218, ha ascoltato tutti i sette consulenti nominati dall’autorità giudiziaria che hanno risposto alle domande del gip, del pm e degli avvocati. Confermate le gravi responsabilità ipotizzate dai pm Anna Frasca e Giuliana Giuliano (coordinate dal procuratore aggiunto, Giuseppe Lucantonio) in ordine ai presidii di sicurezza, pressoché inesistenti e alle autorizzazioni. Rispondendo a una precisa domanda del gip riguardo la prevedibilità del tragico evento che ha causato la morte di tre dei quattro componenti la famiglia Carrer (si salvò solo il bambino più piccolo, ndr), il professore Claudio Giulio Di Prisco ha detto che “il fenomeno dell’apertura delle cavita’ sottostanti nella zona della cosiddetta fangaia era prevedibile, se fossero stati realizzati studi sulla valutazione dei rischi”. Studi che pero’ non potevano essere commissionati per un’area che, secondo quanto finora emerso dalle documentazione acquisita, era abusiva. L’ingegnere D’Amico, l’ultimo dei periti ascoltati, ha anche ricordato che un cartello posizionato nei pressi di una fumarola ricordava l’effetto “viagra” che i gas potevano innescare se inalati quando, invece, in determinate condizioni quel gas (l’idrogeno solforato) poteva essere irritante e in determinate concentrazioni addirittura letale, come lo fu per i coniugi Carrer e il loro primogenito Lorenzo. La parola passa ora agli inquirenti che potrebbero emettere a breve gli avvisi di conclusione indagine.
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