Il recupero del Teatro Grande di Pompei e la sua valorizzazione finalizzata ad ospitare spettacoli “era un progetto della Soprintendenza speciale di Pompei, non mio”, e comunque un progetto “coerente con l’utilizzo dei teatri antichi in Italia, dall’Arena di Verona a Taormina fino al Colosseo”. Così Marcello Fiori, ex commissario straordinario degli Scavi archeologici di Pompei, condannato in appello dalla Corte dei Conti a risarcire 400mila euro in favore del Dipartimento della Protezione Civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per il restauro del Teatro Grande. All’Adnkronos Fiori ricorda “l’assoluzione con formula piena” un anno e mezzo fa da parte della Corte dei Conti della Campania, competente per territorio, sentenza contro la quale la Procura regionale della Corte dei Conti ha proposto appello. Fiori, che annuncia il ricorso in Cassazione sicuro che “ripristinerà il giudizio di primo grado che era di assoluta estraneità”, sottolinea come “l’intera esecuzione dei lavori sia stata seguita dai tecnici e dagli archeologi della Soprintendenza, tant’è che nessuna contestazione è stata fatta rispetto a presunte violazioni del codice dei beni culturali”, e respinge in particolare l’interpretazione della terza sezione d’appello della Corte dei Conti secondo cui il restauro del Teatro Grande non ha rappresentato una valorizzazione dello stesso ma solo uno “sfruttamento” per fini di natura imprenditoriale e commerciale: “Un’idea che – spiega Fiori – va a contestare tutti i soprintendenti d’Italia, perché in tutti i teatri antichi si fanno spettacoli. Io sono un dirigente dello Stato e lascio ad altri la definizione di valorizzazione, ma non credo che questa debba arrivare dalla Corte dei Conti. Tra l’altro questo è un nodo già sciolto, se pensiamo che gli altri soprintendenti già organizzano spettacoli ad esempio nell’Arena di Verona o nel Teatro antico di Taormina, che ospitano intere stagioni teatral
Articolo pubblicato il giorno 2 Maggio 2019 - 14:43