La serva del Principe di Manlio Santanelli, Kairòs Edizioni. Presentazione del volume giovedì 30 maggio 2019 ore 17.00 alla Libreria Raffaello di Napoli (Via Kerbaker, 35). Intervengono, insieme all’autore, l’avvocato Domenico Ciruzzi,Presidente della Fondazione “Premio Napoli”e Rita Felerico, giornalista e critico teatrale, tra le letture di Federica Aielloe Roberto Giordano.
Posto all’interno della collana dedicata al Teatro della SERIE ORO ideata e diretta dalla scrittrice e giornalista Anita Curci, La serva del Principe di Manlio Santanelli, edizioni Kairòs, pagg. 110, euro 15, è una drammaturgia, ironica e pungente, che si accosta a un classico, Il Principe di Niccolò Macchiavelli.
Il Teatro ha le sue esigenze, le sue ragioni da anteporre, i suoi diritti da rivendicare; e quando un drammaturgo salta in groppa ad un classico ne deve tenere ben salde le briglie finché non lo ha condotto alla meta che si è prefisso: lo spettacolo. Santanelli, perciò, per questotesto non intende nascondere le libertà adottate nei riguardi degli aspetti più strettamente filologici dell’opera di Machiavelli, ma ha dalla sua la considerazione che, quando non si possono rispettare la lettera e lo spirito, è più opportuno scegliere di privilegiare quest’ultimo. Ne consegue che La serva del Principe procede sulla corda tesa dell’attendibilità al modello sul quale si basa e delle esigenze del pubblico che pretende una rappresentazione cui assistere. Il libro, che porta la prefazione della professoressa Antonia Lezza, si suddivide in due tempi e vari quadri, e racconta in maniera fantasiosa come può essere avvenuta la stesura della celebre opera Il Principe da parte dell’autore fiorentino. L’impresa è posta in un contesto quotidiano dove la governante dello scrittore, la giovane e bella Berta, donna del popolo, saggia e sagace, con genuinità e buon senso lo aiuta e lo incoraggia nei momenti di sfiducia. Il confronto tra Berta e il Machiavelli della pièce, racchiuso nell’ambiente circoscritto dello studio, mette in risalto quella dialettica tra governatore e popolo che è l’essenza del trattato politico stesso mettendo per certi versi in crisi, nelle pratiche ordinarie di ogni giorno, quelli che sono gli assunti teorici che Machiavelli va formalizzando nel suo testo. Il linguaggio utilizzato è molto vicino al classico rinascimentale, eppure rimodernato, rivisitato, contaminato da quella estrosità linguistica, tipica di Santanelli, che tutti conosciamo.
L’OPERA: È difficile incontrare un’opera più ambigua del Principe di Niccolò Machiavelli. Come si spiega, infatti, che un repubblicano di idee e di militanza scriva un manuale ad uso dei potenti diretto ad ottenere e conservare il Potere? Un simile quesito se lo pose già il Foscolo ne “I Sepolcri”, e lo risolse nel seguente modo: “… temprando lo scettro a’ regnator / gli allor ne sfronda ed alle genti svela / di che lagrime grondi e di che sangue”. Anche io mi sono posto tale vexata quaestio, ma dovendo rispondere ad esigenze puramente drammaturgiche ho pensato di risolverla nel modo che segue. Ritiratosi nell’eremo di Sant’Andrea in Percussina, messer Niccolò attende alla stesura della sua opera; ma nel corso della scrittura rivela una profonda inquietudine determinata dalla consapevolezza che il trattato possa costituire uno strumento di educazione e di incoraggiamento alla conquista del potere. A stemperare tale inquietudine provvede la serva Betta. Pura espressione dell’anima popolare.
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