Il diritto alla salute dei detenuti deve essere garantito dalle misure alternative alla detenzione carceraria. E’ quello che emerge da una recente sentenza della Corte Costituzionale che ha sottolineato come l’assenza di una alternativa al carcere, per chi fosse colpito da una grave malattia mentale, rappresenta una violazione del diritto alla salute. I giudici hanno stabilito che se durante la carcerazione si manifesta una grave malattia di tipo psichiatrico, il giudice potrà disporre che il detenuto venga curato fuori dal carcere e quindi potrà concedergli, anche con pena residua superiore a 4 anni, la misura alternativa della detenzione domiciliare “umanitaria”, o “in deroga”, cosi’ come già accade per le gravi malattie di tipo fisico. Questa valutazione dovra’ tener conto di vari elementi: il quadro clinico del detenuto, la sua pericolosità, le sue condizioni sociali e familiari, le strutture e i servizi di cura offerti dal carcere, le esigenze di tutela degli altri detenuti e di tutto il personale che opera nell’istituto penitenziario, la necessità di salvaguardare la sicurezza collettiva.
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