Era stato condannato a 27 anni di reclusione ad Abu Dhabi per un presunto traffico internazionale di stupefacenti, al quale si era sempre detto estraneo, e dopo un anno di reclusione era riuscito, tramite la compagna, a fare arrivare un appello disperato denunciando torture e maltrattamenti. A poco piu’ di tre mesi da quella drammatica denuncia, Massimo Sacco, imprenditore romano, ha ricevuto la grazia dall’emiro Sheikh Khalifa Bin Zayed Al Nahyan, e rientrera’ presto in Italia. La notizia della fine della sua detenzione, anticipata da ‘Chi l’ha visto’ che aveva seguito da vicino la vicenda, e’ stata confermata da fonti del ministero degli Esteri, che hanno sottolineato come l’obiettivo sia stato raggiunto “anche grazie all’impegno dell’ambasciata italiana ad Abu Dhabi, in stretto raccordo con la Farnesina”. “Sono felicissimo. Mi hai salvato la vita”, le prime parole di Massimo Sacco al suo avvocato Stefania Franchini che, con il suo studio legale, aveva presentato piu’ volte la domanda di grazia al Sovrano. Richiesta che e’ stata, infine, accolta. La sua odissea era iniziata il 5 marzo dell’anno scorso, con l’arresto giunto dopo il ‘tradimento’ da parte di un amico trovato con qualche grammo di cocaina; dopo la delazione, lui era stato liberato. Sacco ha sempre negato di essere legato a traffici di stupefacenti, ma nonostante questo, e nonostante le sue pessime condizioni di salute, era stato condannato. Nel gennaio scorso la compagna di Sacco aveva contattato la trasmissione di Rai Radio2 ‘I lunatici’ che aveva messo in onda la registrazione di un drammatico colloquio tra Sacco e la sorella. “Mi hanno sottoposto a torture di ogni tipo, scosse elettriche ai genitali, il mio testicolo sinistro e’ grande come un’arancia. Ho tre costole incrinate. Aiutami, ho i giorni contati, sto morendo”, diceva l’imprenditore romano dalla sua prigione, “il mio stato di salute e’ al collasso, ho perso 13 chili in 15 giorni”. Nel colloquio Sacco rivela fra l’altro di essere affetto da “una devastante microcitemia”. Sottoposto a cure inadeguate che aveva rifiutato, ha detto di essere stato “sottoposto a torture atroci da parte delle guardie carcerarie”. “Mio fratello ha fatto una cretinata – aveva ammesso la sorella a suo tempo – , ha usato stupefacenti, ma non e’ uno spacciatore ne’ un consumatore abituale, non ha fatto niente di male”. Al momento dell’arresto Sacco era titolare unico di una societa’ di ristrutturazioni che operava negli Emirati. “Dopo il mio arresto, con l’accusa di traffico internazionale di stupefacenti, per 10 grammi di cocaina, senza nessuna prova oggettiva – ha raccontato – hanno fatto di tutto per farmi confessare”.
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