Gli “I Shot a Man” nascono nell’estate 2014, e sono Domenico De Fazio, chitarrista che alterna “seicorde” elettriche di legno e di ferro, Blue Bongiorno, batterista che arricchisce i suoi set con cucchiai, assi per lavare i panni, ditali e scatolette per il tabacco e Manuel Peluso, chitarrista acustico con un’impostazione vocale a metà tra il crooner e il musicista di strada.
Gli I Shot a Man suonano con l’ostinazione di riprendere la storia del blues dagli albori, in un percorso che partendo dagli spiritual cantati a voce nuda, arriva a quello di chitarre acustiche suonate con colli di bottiglia, e si spinge fino alle valvole sature degli amplificatori, quando il blues stava partorendo il rock, e presto tutti avrebbero cominciato a ballare quando il suono si fa guasto e grosso.
Il suono di I Shot a Man – che ha immediatamente colpito i tipi di A-Z Blues – è infatti fatto di voce, chitarre, batteria e niente basso. Li costringe a inventare arrangiamenti nuovi, a ripensare la ritmica in un dialogo costante tra le percussioni e un fingerpicking vecchio di cent’anni. Scrivono: “Volevamo avere un suono essenziale, quasi incompleto, che restituisse il mondo in cui il blues è nato, quando gli strumenti erano pochi e arrugginiti, ma in mezzo a quella ferraglia riuscivano a nascere melodie così pure da diventare universali”.
Il 2018 è l’anno in cui la band inizia a guadagnarsi l’attenzione del panorama blues italiano. Gli I Shot a Man vincono il contest Effetto Blues, dividono il palco con i The Animals in occasione del Torrita Blues Festival e sono tra gli ospiti del main stage al raduno Blues Made in Italy. Accanto ai festival, il viaggio della band si riempie di locali e club nel nord e centro Italia. Nel 2018 nasce la collaborazione con la comunità di blues dancers, un amore a prima vista che dà vita a numerose serate e che porta la band come headliner al festival The Big Blues, a Creta.
“Gunbender” è il loro primo album in studio. È un disco crudo, senza orpelli; è stato registrato durante una live session molto intensa. “Gunbender” è una parola inventata; “Volevano che il disco suonasse forte e diretto, senza pensarci su troppo”.
Gunbender è la loro storia di questi primi anni, delle musiche delle persone e dei luoghi che li hanno maggiormente influenzati . Più che un disco è un album di foto, una dichiarazione di intenti, il prologo di una nuova storia.
Articolo pubblicato il giorno 14 Maggio 2019 - 17:25