Caserta. Era l’11 novembre del 1986 quando Salvatore Belforte di Marcianise, capo del clan dei Mazzacane ed ex collaboratore di giustizia, fece uccidere Orlando Carbone, un testimone scomodo. A distanza di 33 anni si sta celebrando il processo ma Belforte secondo l’avvocato Piccolo che lo difende non può essere processato dalla Corte d’Assise e non potrà essere condannato all’ergastolo perché l’omicidio è avvenuto prima che fosse istituita, nel 1991, la Direzione distrettuale antimafia. Colpo di scena per un procedimento a carico del boss Salvatore Belforte di Marcianise ed ex collaboratore di giustizia. Il boss, secondo la difesa, non dovrà essere giudicatodinanzi al tribunale di Napoli e alla Direzione Distrettuale Antimafia ma dovrà essere processato per l’omicidio di Orlando Carbone con il rito ordinario con i giudici competenti territorialmente e con legge in vigore all’epoca dei fatti. “Orlando l’ho ucciso era un testimone scomodo a soli 20 anni qualche giorno dopo la strage di San Martino avvenuta a Marcianise l’11 novembre 1986”. La confessione era arrivata proprio da Belforte nel periodo in cui è stato collaboratore di giustizia. In quegli anni non era stata istituita ancora la Dda e non erano stati introdotti i reati collegati alla criminalità organizzata cioè le associazioni di tipo mafioso. Il magistrato Giovanni Falcone contribuì in modo significativo alla costituzione dell’attuale sistema investigativo antimafia prima della sua uccisione. Decreto del novembre del 1991 convertito in legge nel gennaio del 1992. Quindi il procedimento per Belforte, con episodi antecedenti al 1992, seguirà il vecchio rito ordinario e potrà chiedere, come anticipato dalla difesa, il rito abbreviato. Rito alternativo, con sconto di un terzo della pena non consentito, invece, con la recente legge proprio per gli omicidi di mafia. I resti delle ossa di Orlando Carbone furono fatti ritrovare nelle campagne di Marcianise nell’aprile del 2015 proprio da Belforte, a pochi mesi dalla sua collaborazione. Carbone fu ucciso a soli 20 anni insieme a un’altra persona, Giuseppe Tammariello. ‘Pinuccio o’ romano’ classe 1932, invalido in quanto gli mancava un braccio non è stato trovato nulla. Fu sciolto nell’acido, sotterrato e interrato nel cemento. Il giudizio sulla attendibilità di Salvatore Belforte è cambiato un anno fa quando gli stessi pm della Dda di Napoli hanno capito che il boss non diceva tutta la verità soprattutto su alcuni fatti di sangue e d’onore della famiglia Mazzacane come la sparizione e l’uccisione di una donna sparita nel nulla perchè amante del fratello di Belforte.
Articolo pubblicato il giorno 11 Maggio 2019 - 16:16