Chiesta la conferma della condanna ad 8 anni di reclusione per Mohamed Kamel Khemiri, il tunisino di 44 anni, residente a San Marcellino, accusato di associazione con finalità di terrorismo ed in particolare di aver fatto proselitismo via web per l’Isis. Questa la richiesta del procuratore generale nel corso del processo che si sta celebrando in Corte d’Assise d’Appello, presieduta dal giudice Alaia. Il pg, nel corso della sua requisitoria, ha ripercorso l’intera vicenda che ha coinvolto Khemiri focalizzando la sua attenzione sulla propaganda alla jihad svolta sui social network, in particolare Facebook e Twitter. “Sono isissiano finchè avrò vita e se morirò vi esorto a farne parte”, diceva Khemiri in un’intercettazione, oltre a rilanciare sui social gli attentati di Parigi o di Copenaghen.
A chiudere il cerchio, nella ricostruzione del pg, le parole del collaboratore di giustizia Salvatore Orabona, esponente del clan dei Casalesi che aveva riferito del fatto che Khemiri gli avesse chiesto delle armi, in particolare dei fucili kalashnikov. Una richiesta poi rifiutata dall’esponente del clan. Un dettaglio che ha spinto i giudici a sostenere, in un passaggio delle motivazioni della sentenza di primo grado, che Khemiri, frequentatore della Moschea di San Marcellino, “fosse pronto all’azione”.
Gustavo Gentile
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