Venti anni di carcere al boss per un caso di lupara bianca. La vittima fu attirata in una trappola e poi uccisa con un badile, il corpo martoriato. Il suo cadavere venne caricato in un’auto e sotterrato nelle campagne di Arzano, nel Napoletano. Cosi’ il 2 febbraio 2011 perse la vita Antonino D’Ando’, fedelissimo del boss in ascesa Mariano Riccio, genero di Cesare Pagano, il capo degli scissionisti di Scampia e Secondigliano con il cognato Raffaele Amato. Il suo cadavere e’ stato ritrovato due mesi fa, solo quando il boss Riccio decise in aula di raccontare la scena di quell’omicidio e di autoaccusarsi; e’ stato lui a indicare al giudice dove era stato seppellito il suo ex uomo di fiducia. Con lui hanno confessato anche Giosue’ Belgiorno, Emanuele Baiano, Mario Ferraiuolo e Ciro Scognamiglio. La Dda ha ritenuto quelle confessioni tardive e ha chiesto per tutti la pena dell’ergastolo, ma dopo le discussioni degli avvocati Raffaele Chiummariello, Domenico Dello Iacono, Emilio Martino e Massimo Autiero il gup ha concesso a tutti le attenuanti e li ha condannati a 20 anni di carcere.
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