Napoli, cadavere di un pony ritrovato tra i rifiuti nelle discariche sotto al Ponte Fiat nella zona industriale. Il video
“Niente di meno se ci giriamo dietro… non sappiamo quanti ce ne stanno (morti) e non ne abbiamo pagato uno”. Erano fieri di aver seminato la morte lungo la zona San Giovanni a Teduccio- Forcella quelli del gruppo D’Amico- Mazzarella in carcere dalla scorsa settimana e autori del delitto di Luigi Mignano, cognato del boss Ciro Rinaldi detto mauè, ucciso il 4 aprile scorso davanti al nipotino al rione Villa e passato alla storia come il “delitto dello zainetto”. Il giudice per le indagini preliminari, Valeria Montesarchio, del Tribunale di Napoli ha convalidato il fermo ed emesso ordinanza di custodia cautelare in carcere per i due boss Umberto D’Amico o’ lione e Umberto Luongo, poi per il killer Ciro Rosario Terracciano, e gli altri affiliati Gennaro Improta, Salvatore Autiero detto Savio, Giovanni Musella detto “Giuann che llente” e Giovanni Borelli detto “quagliarella”. Quest’ultimo, a differenza degli altri, non risponde del reato di omicidio ma di favoreggiamento aggravato dalla matrice camorristica, per essersi disfatto dell’arma usata per il raid. L’agguato si é consumato il 9 aprile scorso al rione Villa a San Giovanni a Teduccio: Luigi Mignano, cognato del boss Ciro Rinaldi avendone spostato la sorella Maria, stava portando a scuola il nipotino. Il giudice per le indagini preliminari, Valeria Montesarchio, ha confermato i provvedimenti di fermo emessi dai pm antimafia di Napoli Antonella Fratello e Simona Rossi (procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli) anche per gli altri sei indagati. Nelle 64 pagine del provvedimento sono contenute una serie di intercettazioni ambientali grazie alle quali si è potuto stabilire i partecipanti e gli organizzatori dell’agguato. In una il boss Umberto D’Amico o’ lione, quest’ultimo, parla con il cugino Salvatore D’Amico ( figlio di Gennaro ), individuato e riconosciuto dalla P.G. anche per la marcata balbuzie. Gli interlocutori commentano che le persone sono spaventate in seguito all’omicidio: ” …non ci sta nessuno in mezzo alla strada, nemmeno vicino al bar c’era nessuno{ … )non ho acchiappato nessun amico mio … “. D’Amico, però, puntualizza, assumendosi, chiaramente, la paternità dell’agguato mortale, che nessuno ha motivo di temere perché « … Noi non abbiamo toccato un bravo ragazzo .. !!” e, dunque, un’eventuale ritorsione da parte del gruppo avversario non potrà che colpire uno di loro e non un bravo ragazzo: “… deve toccare sempre uno di Noi”.
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