L’intelligenza artificiale puo’ salvare la vita, in particolare ai malati cronici. Big data e sensori hi-tech entreranno presto nelle cure di chi soffre di asma e Bpco: dimezzano le visite al pronto soccorso e riducono i ricoveri. La conseguenza sara’ una trasformazione, almeno parziale, degli ospedali di oggi, a favore di un sistema di cure 4.0 per l’assistenza a distanza. Dal Portogallo alla Scozia si moltiplicano gli studi clinici che confermano il ruolo dell’intelligenza artificiale per migliorare la salute dei pazienti che soffrono di malattie respiratorie. “Gli ospedali stessi cambieranno volto, l’identikit dei reparti di pneumologia del futuro prevede meno posti letto, meno sale d’attesa e piu’ alta tecnologia” come spiega l’architetto Giorgia Zunino, direttore del Master in Redesining Medicine presso l’Istituto di Design dell’Accademia di Belle Arti di Brescia, responsabile del progetto che trasformera’ l’ex Ospedale Psichiatrico del Santa Maria della Pieta’ a Roma nel Parco della Salute e del Benessere. “Per innovare non serve costruire di piu’, ma ripensare e riorganizzare gli spazi ospedalieri, attingendo alle innovazioni tecnologiche che gia’ integrano ospedale e domicilio”. Il machine learning, ovvero algoritmi che elaborano grande mole di dati clinici e parametri vitali permette di ridurre del 30% i ricoveri e del 50% gli accessi al pronto soccorso e di prevedere l’evoluzione della malattia nell’arco di 5/10 anni. Lo dimostrano recenti studi illustrati al congresso organizzato da Menarini “Limitless: innovazione in pneumologia, un impegno senza limiti”, appena concluso a Firenze, che ha riunito esperti di pneumologia, architettura e bioingegneria, matematica e sociologia per fare il punto insieme sul futuro delle malattie respiratorie. Nell’arco della vita l’aria entra ed esce dai nostri polmoni 3 miliardi di volte, ma per molti i respiri prima o poi diventano affannosi e difficili: succede ai quasi 4 milioni di italiani che soffrono di broncopneumopatia cronico ostruttiva o BPCO, una patologia che e’ corresponsabile del 55% dei decessi per cause respiratorie ogni anno e che nel 2030 diventera’ la terza causa diretta di mortalita’. Accanto ai clinici, a segnare la via delle innovazioni che ci cureranno domani anche architetti, bioingegneri, matematici e sociologi. “Nei malati con BPCO l’aderenza alle terapie non arriva al 40% e questo comporta un alto rischio di peggioramento e progressione verso stadi piu’ gravi della patologia che poi compromettono fortemente la qualita’ e la durata di vita. E che si traducono in piu’ ricoveri e visite al pronto soccorso”, spiega Federico Lavorini, Ordinario di Malattie dell’apparato respiratorio dell’Universita’ di Firenze.
Articolo pubblicato il giorno 6 Aprile 2019 - 16:13