“Potevo salvare Moro, fui fermato”. Cosi’ il super boss della camorra, Raffaele Cutolo, in carcere da anni, in un verbale inedito di un interrogatorio del 2016 di cui riferisce oggi in esclusiva Il Mattino. “Aiutai – spiega Cutolo – l’assessore Cirillo (rapito e successivamente rilasciato dalle Br, ndr), potevo fare lo stesso con lo statista. Ma i politici mi dissero di non intromettermi”. Nel ’78 Cutolo era latitante e si sarebbe fatto avanti per cercare, sostiene lui, di salvare Moro. “Per Ciro Cirillo si mossero tutti, per Aldo Moro nessuno, per lui i politici mi dissero di fermarmi, che a loro Moro non interessava”. Le dichiarazioni di Cutolo risalgono al 25 ottobre del 2016, come risposte alle domande del pm Ida Teresi e del capo della Dda, Giuseppe Borrelli, nel corso di un’indagine legata all’evoluzione criminale di un suo fedelissimo, quel Pasquale Scotti arrestato dopo 30 anni di latitanza.
Cutolo ricorda anche l’indifferenza della Procura di Napoli rispetto alle trame di quel periodo; cita l’autorevolezza del magistrato Carlo Alemi, “unico deciso ad andare fino in fondo”; ma anche l’omicidio di tre carabinieri per consentire a un camorrista di recarsi dal “professore di Ottaviano” nel carcere di Ascoli Piceno. Ed è ancora Cutolo a chiudere il suo colloquio con i pm napoletani, con un riferimento sibillino: “Avevamo dei documenti da usare contro i politici per i fatti della trattativa; alcuni li aveva Enzo Casillo (‘che fu ucciso anche dai servizi, non solo da Alfieri’, spiega), altri documenti invece li ho io ma moriranno con me”.
Articolo pubblicato il giorno 28 Aprile 2019 - 10:35