Frosinone. Tangente da un milione per i lavori al cimitero di Ferentino: finiscono in manette quattro camorristi e il consigliere comunale Pio Riggi con l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso. L’amministratore del Comune di Ferentino, secondo il Gip “è il vero artefice e ideatore della condotta estorsiva, sebbene incensurato, il suo ruolo appare fondamentale: grazie a lui l’organizzazione camorristica fagocita un’impresa sana e la asserve ai suoi desiderata; il suo inserimento oramai pluriennale all’interno dell’amministrazione di Ferentino ne garantisce il concreto ed attuale pericolo di reiterazione di condotte anche per reati di pubblica amministrazione”.
All’alba il blitz dei carabinieri di Tivoli e i colleghi del Comando provinciale di Frosinone, agli ordini del colonnello Fabio Cagnazzo, sono scattati gli arresti nell’ambito dell’indagine su tangenti ed estorsioni per l’appalto del cimitero al Comune di Ferentino.
E’ bastato appena un mese di indagini per riscontrare quanto denunciato dall’imprenditore 28enne Lorenzo Scarsella, con delega al project-financing per la costruzione e la gestione di loculi presso il cimitero, ed accertare, sulla base di una intensa attività di intercettazione, la ‘liaison’ tra Pio Riggi, 54 anni, consigliere comunale con delega al cimitero, e il gruppo criminoso di Napoli centro dedito al ‘recupero crediti’, guidato da Ugo Di Giovanni, 42 anni, l’elemento ritenuto da chi indaga più carismatico, e Gennaro Rizzo, 47 anni entrambi di Napoli ma residenti a Roma con la partecipazione di Emiliano Sollazzo, 31 anni, (romano della Magliana) e Luciano Rosa, commerciante di 64 anni, fermentiate e parente di Riggi, cioè colui che faceva da tramite tra il pubblico amministratore e i camorristi.
Di Giovanni e Rizzo, tra l’altro, sono anche tra quelli che vennero processati per la gambizzazione nel 2012 a Tor Pagnotta di un ex fantino, colpevole di non aver saldato un debito: il primo fu assolto, l’altro condannato. In manette anche la sorella di Rosa sorpresa con la droga nell’ambito di una perquisizione domiciliare svoltasi oggi da parte dei carabinieri di Tivoli. Gli indagati pretendevano una tangente di un milione di euro, più un pizzo del 10% sul fatturato per i futuri lavori della ditta che aveva vinto l’appalto al Comune di Ferentino, in provincia di Frosinone. L’ordinanza cautelare in carcere firmata dal gip Flavia Costantini su richiesta del pm della Dda Corrado Fasanelli, che ha messo in luce l’ennesimo esempio di contaminazione tra esponenti criminali che agivano con le modalità del metodo mafioso e ‘colletti bianchi’, racconta gli ultimi mesi da incubo vissuti dall’imprenditore costretto a fare i conti con questo gruppo di estortori, quando i lavori stavano per decollare una volta ottenute autorizzazioni e licenze, al punto da costringere la vittima a presentare una denuncia il 4 febbraio scorso ai carabinieri della Compagnia di Tivoli. “Tutta questa situazione mi stava distruggendo la vita. Per mesi mi sono state fatte pressioni fino a farmi diventare vittima di una estorsione gravissima. Ringrazio pubblicamente i carabinieri di Tivoli per il lavoro svolto e sono soddisfatto che finalmente la giustizia abbia fatto il suo corso”, ha commentato l’imprenditore, assistito dall’avvocato Enrico Gallinaro. La ditta di Scarsella aveva in delega il project financing dal 2013 per la gestione del cimitero di Ferentino e nel febbraio 2018 si è aggiudicata l’appalto. Da quel momento è partita la richiesta del consigliere comunale che pretendeva il 5% del valore totale dei lavori, circa 300mila euro. L’imprenditore, dopo aver pagato una prima tranche di 44mila euro ha smesso di pagare e per questo il politico locale aveva deciso di rivolgersi a un gruppo di camorristi napoletani dediti alle estorsioni. Da lì per il giovane imprenditore iniziano le minacce e le intimidazioni, che gli esponenti del clan compiono con veri e propri raid nella sua azienda, armi in pugno, per convincerlo a pagare il ‘pizzo’. Oltre alla tangente da un milione, infatti, poi si è aggiunta anche la richiesta del clan camorristico che pretendeva l’esborso del 10% del fatturato dei futuri lavori della ditta in cambio della protezione del clan, che nel frattempo stava indirizzando le sue mire anche sul nuovo stadio di Ferentino. L’imprenditore, terrorizzato dalle minacce, ha però deciso lo scorso febbraio di denunciare tutto ai Carabinieri di Tivoli che sotto il coordinamento della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, hanno chiuso l’indagine in un mese, mettendo fine all’incubo vissuto dall’imprenditore. Gli arrestati si trovano ora in carcere a Regina Coeli.
Articolo pubblicato il giorno 7 Marzo 2019 - 18:48