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Svelò il ‘bunga bunga a casa di Berlusconi, muore avvelenata Imane Fadil: è giallo

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Un mix di sostanze radioattive avrebbe condotto Imane Fadil lentamente alla morte: è questo quanto emerge dagli esami tossicologici effettuati dopo il decesso della donna marocchina, nota per essere una testimone chiave nel processo intentato a Silvio Berlusconi e denominato Ruby Tre. Un vero e proprio intrigo quello che tiene occupati in questi giorni i magistrati della Procura di Milano. Imane Fadil è morta il primo marzo scorso ma prima di morire ha lanciato un allarme, temeva di essere stata avvelenata e così era. Secondo quanto emerso dagli esiti degli esami tossicologici disposti lo scorso 26 febbraio dai medici dell’Humanitas di Rozzano ed effettuati in un centro specializzato di Pavia. Esiti arrivati il 6 marzo e trasmessi immediatamente dallo stesso ospedale alla Procura di Milano ad uccidere la ragazza è stato un mix di sostanze radioattive. Oggi pomeriggio il procuratore aggiunto di Milano Tiziana Siciliano aveva annunciato: “Non c’è una diagnosi precisa sulla morte, ma dalle analisi emerge una sintomatologia da avvelenamento”. Imane Fadil, testimone chiave del processo Ruby, era stata ricoverata alla clinica Humanitas lo scorso 29 gennaio nel reparto di terapia intensiva, e poi in rianimazione fino al decesso avvenuto l’1 marzo. Un’agonia di un mese, durante il quale “c’è stato il progressivo cedimento di tutti gli organi”, svela la Siciliano titolare del fascicolo per omicidio volontario. Fascicolo aperto la scorsa settimana, dopo la denuncia del legale della giovane modella che lo scorso 14 gennaio non è stata ammessa come parte civile nel processo Ruby ter che vede tra gli imputati Silvio Berlusconi. Imane Fadil prima di morire ha detto al difensore e al fratello di avere il timore di essere stata avvelenata. “I medici della clinica non hanno avvisato la procura del decesso”, conferma il procuratore aggiunto.
Le confessioni della donna hanno permesso di svelare i dettagli delle serate hot di Arcore che hanno portato a far esplodere, nel 2011, il caso Karima El Marough e al processo – oggi al filone ‘Ruby ter’ – con imputato Silvio Berlusconi. Allora 25enne, Fadil partecipò a otto ‘cene eleganti’ e durante alcune di queste, a suo dire, vide di tutto: spogliarelli, palpeggiamenti, travestimenti bizzarri, ma anche pagamenti generosi per l’intrattenimento. Dopo qualche tempo si presentò in procura per raccontare tutto, non omettendo nomi e cognomi delle ‘olgettine’. Le sue accuse messe a verbale, vengono ripetute a processo nel 2012. Invitata da Lele Mora ed Emilio Fede, ricostruisce davanti ai giudici le serate a casa Berlusconi: ricorda Nicole Minetti e Barbara Faggioli che ballano vestite da suora, Iris Berardi travestita invece da Ronaldinho, fino al siriano che voleva mandarla ad Arcore in cambio di denaro. Al pm racconta di aver partecipato alle serate “perché ero disperata, lavoravo poco e ambivo a incarichi importanti”, poi in un’intervista a Il Fatto quotidiano, nell’aprile 2018, svela: “E stata una cosa devastante, impossibile descriverla. All’inizio ero sola contro tutti, nessuno credeva alla mia versione”. All’infinita saga giudiziaria di Ruby si aggiunge la morte sospetta di Imane Fadil, la teste chiave dell’accusa stroncata a 34 anni. Il procuratore di Milano, Francesco Greco, ha annunciato l’apertura di un’indagine per omicidio volontario. Un atto dovuto dal momento che la ragazza, durante il ricovero, aveva confidato a persone a lei vicine il timore di essere stata avvelenata. La voce che la modella marocchina stesse male si era diffusa dopo che, il 14 gennaio scorso, il Tribunale aveva escluso lei, Ambra Battilana e Chiara Danese, cioè le tre ragazze che si ritenevano danneggiate dal bunga – bunga, dal novero della parti civili nel processo Ruby ter, sbarrando così la strada a eventuali richieste di risarcimento, in caso di condanna, a Silvio Berlusconi. “Ha avuto un crollo nervoso”, si diceva. Invece, dopo un violento malessere a casa di un amico, era stata ricoverata dal 29 gennaio nella clinica Humanitas di Rozzano con sintomi come mal di pancia e vomito che poi si erano aggravati, fino a trasformare il suo ultimo mese di vita in “un calvario”, reso ancor più penoso dal fatto che quasi fino alla fine è rimasta “lucida e vigile”. Al suo avvocato Paolo Sevesi, che più volte è andato a trovarla, e poi anche al fratello, Imane ha ripetuto più volte di essere stata avvelenata. “Non posso dire se mi ha fatto dei nomi”, dice il legale, sentito come testimone dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliana e dal pm Luca Gaglio.
In procura sono stati convocati anche i medici, il fratello e chiunque possa riferire informazioni utili in attesa che l’autopsia venga eseguita nei prossimi giorni. Il Procuratore Greco ha spiegato che ai magistrati la notizia del decesso è arrivata solo da una settimana dall’avvocato Sevesi e subito è stato disposto il sequestro delle cartelle cliniche da cui emergono “anomalie” e dei campioni di sangue prelevati durante il ricovero. Imane stava scrivendo un libro, la Procura ha acquisito le bozze anche se dalla loro lettura non sarebbe emerso nulla di rilevante. Un giallo la morte di Imane Fadil che si alla scomparsa dell’avvocato Egidio Verzini, andato a morire in una clinica Svizzera il 4 dicembre scorso per una malattia incurabile, il giorno dopo avere consegnato alla stampa la sua verità sul caso Ruby.


Articolo pubblicato il giorno 15 Marzo 2019 - 20:04

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