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Pompei, dai diamanti non nasce niente… la storia dell’Ospizio Borrelli

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Fabrizio De Andrè nell’anno 1967, aprendo le porte in Italia alla protesta giovanile del successivo anno 1968, che già ribolliva per le strade d’Europa, scrisse la splendida canzone “Via del Campo”.E la Via del Campo nella realtà era un carrugio del centro storico di Genova  la Superba. Proprio là – cantava il grande chansonnier – in una casa  accogliente, con i gradini sulla strada, c’era “una puttana, gli occhi grandi color di foglia, se di amarla ti vien la voglia, basta prenderla per la mano”. Parole franche e dirette che fecero sussultare i benpensanti dell’epoca. La canzone però si chiudeva con prospettive di riscatto della donna di malaffare e dei suoi clienti tant’è che il nostro Faber nazionale cantava nel finale: “dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fior”. A questo punto però Di Pietro direbbe: Che ci azzeccano in questo articolo i diamanti con il letame? Ebbene, ci azzeccano eccome! Vediamo perché.

Intanto a Pompei il letame è quello che esce abbondante dai fatti e dai misfatti dell’ultimo decennio di gestione sciagurata della cospicua donazione grazie alla quale la Città si è potuta dotare da oltre mezzo secolo di una Casa di Riposo per poveri ed anziani. I diamanti invece sono i beni immobili che furono l’oggetto di una donazione ai Poveri di Pompei. Sono ben quattordici appartamenti e due suoli agricoli, oltre che lo stesso immobile che ospita il cosiddetto “Ospizio Carmine Borrelli”. La benefattrice e donatrice di quei beni fu Concetta d’Arienzo vedova Borrelli, scafatese di nascita ma pompeiana di adozione.Essa alla propria morte, avvenuta nel 1936, destinò con testamento quei beni a tutti i Poveri di Pompei, nominati suoi eredi universali, in memoria del figlio Carmine morto suicida.

La benefattrice mai immaginava che un domani il Comune di Pompei sarebbe diventato poi il diretto proprietario e gestore dei beni donati ai poveri, da cui era scaturita anche la costruzione della Casa di Riposo Borrelli. E proprio ciò ha trasformato i diamanti in letame, rappresentato da un debito di circa un milione e mezzo di euro verso numerosi creditori.La vicenda va assumendo risvolti inquietanti da cui i politici e i funzionari che hanno in vario modo operato per la gestione della Casa Borrelli negli ultimi dieci anni cercano ora di prendere le distanze. C’è chi sostiene che l’Amministrazione Amitrano è arrivata a concepire di disfarsene. Anche se le smentite fioccano. Fin dal primo momento però molti comuni cittadini si sono schierati al fianco dei vecchi ospiti della Casa Borrelli e dei lavoratori addetti alla cura degli ospiti il cui futuro risulta molto incerto, per ora.

Da settimane intanto vengono fuori dossier a ripetizione che vanno ad ingrossare i faldoni d’accusa che la Procura della Repubblica di Torre Annunziata sta certamente allestendo. In questo quadro già confuso e ribollente si innesca anche la amara vicenda lavorativa della quindicina di dipendenti della disciolta Ditta ASPIDE, società partecipata interamente dal Comune di Pompei. L’ASPIDE è peraltro il soggetto indiziato come maggiore colpevole del disastro, insieme allo stesso Comune. Insomma un quadro a tinte fosche  che assomiglia sempre più a un letamaio. D’improvviso però dal letame sono spuntati i fiori. Come diceva De Andrè. E i fiori sono rappresentati dall’impegno trasparente e disinteressato della gente comune a favore degli anziani ospiti della Casa di Riposo Borrelli. Fino al punto che una parte di quella gente, un gruppo di una trentina di persone – provenienti da percorsi umani personali e professionali distinti e distanti – si è costituito in un Comitato  dal nome chiaro e inequivocabile:

“Salviamo l’Ospizio Carmine Borrelli”, ritrovandosi senza remore o discussioni inopportune sulla stessa piattaforma di impegno civile. Pompei live, potremmo dire. Il Comitato – apartitico e apolitico – si è dato una struttura e uno Statuto che gli consentirà di porsi come interlocutore del Comune di Pompei in “ogni forma e sede”, al fine di “preservare, garantire e tutelare la prosecuzione dell’attività della Casa Borrelli”. Quest’ultima attualmente ospita ancora una quarantina di anziani. Il Comitato, insomma – consapevole dei propri limiti ma anche dei propri diritti – intende porsi l’obiettivo di una vigilanza attiva su ogni atto o fatto che riguardi la Casa di Riposo Borrelli, sia che provenga dal Comune di Pompei che da altri soggetti, pubblici o privati. E nel Comitato nuovo è confluito anche il Vecchio Comitato sorto una ventina di anni fa per iniziativa della compianta Antonella Serafino. Dunque, un messaggio di speranza che attraversa i decenni.Tra i primi atti che il Comitato intende compiere è chiedere che il Comune di Pompei dedichi una strada alla grande benefattrice Concetta D’Arienzo.  E ciò, senza indulgere nel ripercorrere vecchie strade che hanno visto il Comune di Pompei dispensare senza risparmio cittadinanze onorarie e procedere a intitolare – “motu proprio” dei Sindaco pro-tempore – piazze, strade o slarghi nel territorio comunale di Pompei. Dalle colonne di questo giornale auspichiamo che l’Amministrazione Comunale  targata Amitrano lo faccia al più presto, a imperitura memoria di un gesto nobilissimo , in un momento in cui i beni donati ai poveri di Pompei rischiano di finire travolti dai debiti accumulatisi per colpa della malagestione e, sia detto con chiarezza, della malapolitica.

Federico L. I. Federico


Articolo pubblicato il giorno 14 Marzo 2019 - 14:22



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