Aveva trasformato il quartiere Lamia in una vera e propria centrale dello spaccio: a processo il boss Di Maio e i suoi “soldati”. Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Salerno, Gennaro Mastrangelo, ha accolto le richieste del pubblico ministero della Direzione distrettuale Antimafia, Vincenzo Senatore. I pusher il prossimo 21 maggio compariranno dinanzi ai giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Salerno. Ieri il Gip Mastrangelo, infatti, ha rinviato a giudizio Salvatore Di Maio, nel ruolo di capo promotore dell’organizzazione, già contiguo al clan Fezza-Petrosino D’Auria, Vincenzo Pepe, suo braccio destro, già coinvolto nell’operazione antidroga denominata Taurania Revenge, Alfonso Belluno, noto alle forze dell’ordine e parente del più noto Renato, Ciro Califano, Ivan Pepe, con precedenti specifici, e Salvatore Olivieri, figlio del boss Peppe Saccone, Francesco Cacace, 23 anni, Giuliano Cacace, 49, Roberto Califano, 25, Francesco Martigiano, 61, e Carmine Ursolino, 22.
Gli arresti
Gli arresti scattarono nello scorso mese di ottobre, nel quartiere Lamia, storica roccaforte dei vecchi clan paganesi. L’indagine è durata più di un anno e si è concentrata nella zona di via Matteotti. A capo dell’associazione criminale c’era Salvatore De Maio, c. Nella zona c’erano vedette e una fascia oraria dedicata allo spaccio, dalle 16 ininterrottamente fino alle 3-4 di notte. Prima avveniva la consegna del denaro in un luogo distante dalla piazza di spaccio; poi all’acquirente veniva chiesto di attendere ed entro pochi minuti gli veniva consegnata la merce. L’indagine si è basata non solo su intercettazioni ma su filmati registrati da telecamere presenti nel quartiere. I carabinieri sono stati costretti a montarle due volte, perché nel primo caso gli spacciatori le avevano individuate e smontate.
Articolo pubblicato il giorno 22 Marzo 2019 - 13:54