Il Comune di Pompei ha messo a disposizione la sala Consiliare di Palazzo de Fusco per la commemorazione di un illustre studioso pompeiano, docente ed esperto di Lingua Napoletana, scomparso pochi anni fa, il prof. Carlo Iandolo. Noi ricordiamo la persona ancora volentieri e vediamo l’evento come un giusto riconoscimento a Iandolo, ma anche al grande sforzo organizzativo portato avanti per il convegno da un suo allievo, Massimiliano Verde. Egli è il continuatore dell’opera del suo maestro, l’indimenticato professore, precursore divulgatore e difensore della lingua napoletana, che nel 2014 è stata finalmente riconosciuta dall’UNESCO tra le lingue del mondo in pericolo. Ma ora vogliamo soffermarci un poco sui singolari primati della Lingua Napoletana che sentiamo nostra e dobbiamo perpetuare come un tesoro da preservare, tenendolo in vita. E che vita ha la nostra lingua! Il Napoletano ha origini antichissime, addirittura protostoriche, perché il suo impianto linguistico è incardinato sulla antica lingua osca. Gli Osci infatti furono tra i primi abitatori stanziali della Campania, parola che in lingua osca richiama la agricoltura e la fertilità dei campi. Lo stesso nome di Pompei deriva dal toponimo osco “Pumpàia”, secondo la tesi – da noi condivisa – di uno studioso e accademico dell’Ottocento, Cataldo Iannelli. Il termine Pumpàia – il cui suono ci è familiare, perché ancora risuona nel dialetto delle campagne della Valle del Sarno – stava a significare il luogo delle “case alte”. Ebbene erano quelle dell’Altstadt Osco, villaggio arroccato sul pianoro lavico vulcanico, da cui nacque la Pompei antica che conosciamo. Ritornando al Napoletano aggiungiamo che i successivi apporti linguistici di Greci, Latini, Arabi, Spagnoli, Francesi e quelli mediterranei in generale la caratterizzano ancora oggi. Ma per il Napoletano ci sono altri primati da segnalare. Per esempio ci piace ricordare che il Napoletano verso la metà del Millecinquecento fu riconosciuto come lingua degli atti ufficiali del Regno di Napoli dalla Dinastia Aragonese. Ciò avvenne per iniziativa del primo regnante aragonese, appena insediatosi sul trono di Napoli, il re Alfonso I d’Aragona, detto il magnanimo. Né dobbiamo dimenticare che la lingua Napoletana è rimasta per secoli lingua diplomatica degli ambasciatori che nei loro incontri trattavano affari di stato e del Regno di Napoli. Ma la cosa che ci ha intrigati di più è stata leggere che il Napoletano, come lingua parlata, si piazza tra le prime cinquanta lingue più usate al mondo. Infatti gli esperti linguistici stimano che siano nel mondo circa undici i milioni (!) di individui capaci di esprimersi in lingua Napoletana. Ciò significa anche che il Napoletano risulta un tesoro identitario da difendere e conservare ai posteri in tutto il mondo. Come vuole l’UNESCO. E’ noto altresì che i Napoletani – o meglio i Meridionali “regnicoli” abitanti nel Regno di Napoli – nel corso dei secoli si sono diffusi nel mondo, conservando però la loro identità culturale, incardinata soprattutto sulla Lingua Napoletana. E, dopo la sanguinosa e forzata unità d’Italia, milioni furono i meridionali che emigrarono per sopravvivere, partendo dai porti di Genova, di Palermo e, ovviamente da quello di Napoli, tre porti che vennero precettati alla funzione per legge. Una Salvinata ante litteram insomma! Ma i nostri emigranti riuscirono a creare delle comunità “napoletane” lontane, più numerose perfino della comunità rimasta nella madrepatria. In pratica, le emigrazioni ripetute hanno replicato delle vere e proprie “Napoli” lontano da Napoli. E di esse alcune risultano oggi addirittura più grandi di Napoli stessa. Se si facesse una classifica ideale delle città del mondo che hanno all’interno della popolazione più soggetti che si esprimono in Napoletano, la città di Napoli risulterebbe addirittura soltanto al quinto posto. Il dato, sorprendente, è frutto di una ricerca effettuata dall’Istituto Americano “Demographic”, che ci dimostra l’incredibile diffusione dei Napoletani nel mondo. La classifica vede al primo posto la città di San Paolo nel Brasile, seguita da Buenos Aires in Argentina e da Rio de Janeiro ancora in Brasile. Al quarto posto segue una sorprendete Sydney in Australia e solo al quinto posto Napoli e poi altre città come New York, Londra, Toronto e infine Berlino e Monaco di Baviera. Una vera e propria Torre di Babele sostenuta e attraversata però da una unica lingua. La lingua Napoletana.
Federico L.I. Federico
Articolo pubblicato il giorno 19 Marzo 2019 - 20:40