Operazione “Atena”, smantellato il mandamento mafioso di Porta Nuova di Palermo. Trentadue gli arresti dei carabinieri del comando provinciale su delega della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo siciliano. Sono accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsioni aggravate dal metodo mafioso, favoreggiamento reale aggravato, trasferimento fraudolento di valori, sleale concorrenza aggravata dalle finalità mafiose, spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione illecita di armi. L’indagine costituisce un’ulteriore fase dell’azione investigativa condotta dal Reparto Operativo – Nucleo Investigativo anche sullo storico mandamento che ha consentito di provare la vitalità dell’articolazione di Cosa nostra. Alcuni degli elementi indiziari emersi nel corso delle indagini erano già confluiti nel provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Dda di Palermo ed eseguito il 4 dicembre 2018 nel corso dell’operazione “Cupola 2.0” con cui e’ stata smantellata la nuova commissione provinciale di Cosa nostra palermitana, che si era riunita per la prima volta il 29 maggio 2018 nella località di Altarello di Baida, così come confermato anche da successive dichiarazioni dei due nuovi collaboratori di giustizia. In quel contesto erano già state tratte in arresto 11 persone ritenute appartenere al mandamento mafioso di Porta Nuova, tra cui Gregorio Di Giovanni, detto “il reuccio”, in quanto individuato quale nuovo rappresentante del mandamento avendo peraltro partecipato al summit.
La complessa attività investigativa ha rivelato che all’atto della sua scarcerazione, nel 2015, Gregorio Di Giovanni aveva immediatamente affiancato il reggente del mandamento Paolo Calcagno, prendendone poi il posto nel momento in cui questi era stato tratto in arresto nell’operazione “Panta Rei”, eseguita nel dicembre dello stesso anno. Da quel momento, Di Giovanni era stato affiancato nel controllo mafioso del territorio dal fratello Tommaso (nel suo breve periodo di libertà dal 18 dicembre 2016 al 17 luglio 2017) e si avvaleva per la gestione delle attività illecite della collaborazione di uomini di fiducia per i diversi quartieri del Capo, della Vucciria, di Ballarò e della Zisa. Oltre agli assetti territoriali di cosa nostra, e’ emerso l’interesse principale di Calcagno in relazione al sostentamento economico della propria famiglia. Nel corso dei colloqui in carcere, ha infatti fornito alla moglie e al cognato indicazioni sui soggetti ai quali rivolgersi per ricevere le somme di denaro spettanti per lo stretto mantenimento e i profitti dei pregressi investimenti economici realizzati, unitamente ad altri associati, in attività commerciali pienamente funzionali e attive. E’ anche emerso come il mandamento mafioso di Porta Nuova avesse organizzato funzionali piazze di spaccio di sostanze stupefacenti, che continua a costituire la principale fonte di reddito di Cosa nostra. Un sistema organizzatissimo in grado di soddisfare tutti giorni e a ogni ora le richieste soprattutto di cocaina da parte della Palermo bene. Una domanda, sottolineano gli inquirenti, che non accenna a decrescere, anzi sembra in continua crescita: sono state registrate, nel corso delle indagini, numerose richieste di acquisto di droga per uso personale anche da parte di una nutrita schiera di imprenditori, avvocati e liberi professionisti della città. Individuate, nel corso dell’operazione antimafia “Atena” dei carabinieri coordinati dalla Dda di Palermo contro il mandamento di Porta Nuova, due diverse attività, una imprenditoriale e l’altra commerciale, ubicate a Palermo e riconducibili agli esponenti di vertice di Cosa nostra, ma intestate a prestanome e quindi sottoposte a sequestro preventivo. Contestato il reato di illecita concorrenza aggravata dal metodo mafioso per avere imposto la fornitura di caffè a bar del territorio. Un investimento in grande stile, come quello per il turismo, con i servizi di trasporto assicurati con bus turistici. Individuati gli autori di 5 estorsioni nei confronti di imprenditori e commercianti costretti al versamento a cosa nostra di somme di denaro.
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