Eletto da 48 ore alla guida del Pd e arriva la prima tegola per Nicola Zingaretti. Secondo una anticipazione dell’Espresso il segretario sarebbe indagato per finanziamento illecito. Una indiscrezione che nasce da interrogatori segreti svolti nell’ambito di un’indagine su casi di corruzione al Consiglio di Stato. Secondo il settimanale diretto da Marco Damilano, il leader Dem avrebbe ricevuto soldi “assolutamente” non leciti da un presunto lobbista, Fabrizio Centofanti, ex capo delle relazioni istituzionali di Francesco Bellavista Caltagirone, un imprenditore in buoni rapporti con il presidente della Regione Lazio. Inevitabile lo scossone nel partito del Nazareno, e nel resto della politica. Ad approfittarne, il Movimento 5 stelle che va all’attacco: “Il Pd perde il pelo ma non il vizio”, e’ il coro dei commenti a pochi minuti dalla notizia. Il neosegretario Dem si difende (“Mai ricevuto finanziamenti illeciti”), confida nella giustizia e ribatte: “Non mi faccio intimidire dalle bassezze del M5s”. A indagare sul governatore sono il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il pm Stefano Fava. L’inchiesta prende spunto dagli interrogatori inediti degli avvocati siciliani Piero Amara e Giuseppe Calafiore, arrestati nel febbraio 2018 per corruzione in atti giudiziari e che un mese fa hanno patteggiato 3 e 2,9 anni a testa. In particolare, nel luglio scorso Calafiore parla ai magistrati di Centofanti, arrestato nel 2018 e in attesa di processo. Lo definisce un lobbista con molti ‘agganci’ a Roma, tra politici e Consiglio superiore della magistratura. A questo punto, l’avvocato siciliano riferisce che Centofanti “era sicuro di non essere arrestato perche’ riteneva di essere al sicuro, in ragione di erogazioni che lui aveva fatto per favorire l’attivita’ politica di Zingaretti”. Soldi leciti, chiedono i pm? “Assolutamente no, per quanto mi diceva – risponde – Non so con chi trattava tali erogazioni. Lui mi parlava solo di erogazioni verso Zingaretti. Mi disse che non aveva problemi sulla Regione Lazio, perche’ Zingaretti era a sua disposizione”. I 5 Stelle chiedono chiarimenti e contemporaneamente un passo indietro. “Abbia il pudore di mollare la nuova poltrona”, sentenzia il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano. E il capogruppo al Senato Stefano Patuanelli gli ricorda: “Non deve risposte al M5s, ma all’opinione pubblica e ai cittadini che hanno creduto in lui”. Parole inutili per Zingaretti, che replica: “Comprendo la loro disperazione per il disastro politico che stanno combinando” ma “se pensano di aggrapparsi alle fantasie di qualcuno, sbagliano di grosso”.
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