Hanno impiegato quasi dieci anni i piccoli Comuni campani guidati da ASMEL, l’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali, che raggruppa oltre 2700 Comuni in tutta Italia, per vincere la propria battaglia prima politica e poi giudiziaria contro l’accorpamento coatto dei Comuni sotto i 5mila abitanti, che rappresentano il 70% dei comuni italiani. La spallata definitiva al provvedimento (contenuto nel decreto legge n.78 del 31 Maggio 2010 varato dall’ultimo governo Berlusconi nell’ambito delle prime politiche di spending review e successivamente rinviato da ogni governo nella sua attuazione) è arrivata ora con la sentenza 33/2019 depositata ieri dalla Corte Costituzionale. Una sentenza che statuisce “l’incostituzionalità della disposizione che impone ai Comuni con meno di 5mila abitanti di gestire in forma associata le loro funzioni fondamentali (trasporto pubblico, polizia municipale, ecc.) là dove non consente ai Comuni di dimostrare che, in quella forma, non sono realizzabili economie di scala e/o miglioramenti nell’erogazione dei beni pubblici alle popolazioni di riferimento”.
I dati Asmel sulle spese più virtuose dei piccoli Comuni alla base del ricorso al Tar che ha prodotto la sentenza della Corte Costituzionale
Secondo la sentenza, dunque, “il sacrificio imposto all’autonomia comunale non realizza quei risparmi di spesa cui è finalizzata la normativa stessa”. Esattamente il rilievo sollevato da Asmel che nel 2015 che si era costituita dinnanzi al Tar della Campania (in virtù dell’esistenza anche di una legge regionale che, in applicazione della norma nazionale, aveva già individuato gli ambiti territoriali di accorpamento comunale) affiancando i comuni di Liveri (NA), Dragoni (CE), Baia e Latina (CE), Buonalbergo (BN) e Teora (AV) come espressione esponenziale degli oltre 5500 comuni italiani a rischio accorpamento, sostenendo l’incostituzionalità della norma, per la lesione del principio di autonomia degli Enti Locali, garantito dalla Costituzione, ma soprattutto la sua irragionevolezza. In quanto (dati ISTAT alla mano) non vi era “alcuna correlazione tra piccole dimensioni del comune e costi di gestione (che era l’assunto alla base di questa normativa) ma c’era invece una correlazione opposta, perché proprio nei piccoli comuni, dove è più agevole e stretto il rapporto con i cittadini, è più semplice contenere i costi”.
“La Sentenza della Corte Costituzionale – evidenzia il segretario generale di Asmel, Francesco Pinto – rappresenta una sconfitta bruciante per tutte le forze politiche, nessuna esclusa, che hanno sostenuto per anni una norma inattuabile, prima ancora che incostituzionale lasciandosi guidare per mano da ANCI, la storica associazione che ritiene di aver per diritto divino il monopolio della rappresentanza dei Comuni e dagli apparati della burocrazia legislativa romana sostenitori di mirabolanti risparmi da presunte economie di scala”.
La Corte Costituzionale ‘sposa’ la proposta di Asmel sull’accorpamento dei servizi invece che delle funzioni
La sentenza della Corte Costituzionale, inoltre, ha richiamato l’attenzione sul fatto che, rispetto al disegno costituzionale, l’assetto organizzativo dell’autonomia comunale italiana “dovrebbe assicurare il raggiungimento del difficile obiettivo di una equilibrata, stabile e organica definizione dell’assetto fondamentale delle funzioni ascrivibili all’autonomia locale”. A questo proposito la Consulta ricorda come in altri Paesi (ad esempio in Francia) sono state trovate risposte strutturali al problema della polverizzazione dei Comuni, spesso attuando la differenziazione sul piano non solo organizzativo ma anche funzionale. Esattamente la proposta lanciata da Asmel nel 2015 e perseguita da molti suoi associati con il modello degli “accordi consortili” introdotti, ad esempio, per la gestione associata degli appalti tra molti comuni della rete Asmel.
“I Comuni – chiosa il presidente di Asmel, Giovanni Caggiano – sono chiamati principalmente ad erogare servizi ai cittadini, possibilmente in forma efficace ed efficiente e quelli che ci riescono meglio ed a costi minori sono proprio i piccoli e medi Comuni, da assimilare alle piccole e medie imprese, che nessuno si sognerebbe di obbligare all’accorpamento. Al contrario, va salvaguardata la loro autonomia, attraverso la messa in rete, come ASMEL fa da sempre, promuovendone la modernizzazione attraverso digitalizzazione, cooperazione e formazione, a dispetto di apparati centrali che considerano i Comuni propri vassalli”.
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