I familiari di un camorrista pentito, residenti sotto protezione in provincia dell’Aquila, sono stati arrestati dai carabinieri della Compagnia di Tagliacozzo in provincia de L’Aquila perché ritenuti responsabili di una serie di furti, scippi e rapine nella Marsica. Sei le persone indagate, tutte nullafacenti: una intera famiglia composta da padre (ai domiciliari), madre (sorella del collaboratore di giustizia, indagata) e figlio (finito in carcere) e altre tre persone con vincoli di parentela di cui due sono andate in carcere e una terza, minorenne, in un istituto minorile. I fatti risalgono al periodo compreso tra novembre 2017 e marzo 2018: sono 27 gli episodi di reato contestati tra i quali 14 furti in abitazione, quattro rapine e cinque scippi compiuti ad Avezzano, Morino, Celano, Castellafiume e Capistrello. I dettagli dell’operazione sono stati illustrati all’Aquila dal comandante provinciale dell’Arma, il colonnello Nazareno Santantonio e dal capitano Silvia Gobbini, comandante della Compagnia di Tagliacozzo in una conferenza stampa. Le indagini sono partite nell’autunno 2017 dopo due rapine compiute negli uffici postali di Avezzano e Capistrello. Per i tre componenti della famiglia, padre, madre e figlio, sottoposti al programma ministeriale di protezione, si riunirà ora un’apposita commissione nazionale per decidere se e come mantenere la protezione. Secondo quanto emerso lo stile di vita degli indagati “appare ispirato al crimine, costituendo la principale se non unica fonte di arricchimento: quindi pianificavano accuratamente le attivita’ criminali, perlustrando vari comuni della Marsica al fine di individuare gli obiettivi e le vittime piu’ vulnerabili”, ha spiegato il colonnello Santantonio. “Le indagini erano state avviate dalla Procura della Repubblica di Avezzano, ma il coordinamento con le Procure dell’Aquila e di Chieti – ha sottolineato il capitano Gobbini – ha permesso di acquisire elementi per svelare anche il tentato omicidionell’area teatina”. Il minorenne è indagato per un’episodio avvenuto nella primavera del 2017, quando insieme a due complici maggiorenni, contro i quali è stato aperto un altro procedimento dalla Procura di Chieti, si è reso responsabile di un accoltellamento in un locale. Alla base dell’aggressione futili motivi, forse uno sguardo di troppo: la vittima è stata ferita al torace e ha riportato una perforazione al polmone.
Per il compimento dei reati è stata usata anche un’arma da fuoco, che comunque non ha esploso colpi, sequestrata dai militari assieme a gran parte della refurtiva, che è stata riconsegnata alle vittime.
È stato inoltre accertato che gli oggetti rubati venivano ricettati nella loro area di provenienza, in Campania, con la quale i familiari dei collaboratori di giustizia non dovrebbero avere contatti. I proventi dei furti, circa 65 mila euro tra denaro contante, preziosi ed altro, sono stati utilizzati dagli indagati per l’acquisto di armi e munizioni necessari per le attività delinquenziali, in parte impiegati per l’acquisto di oggetti di valore oppure in giochi d’azzardo, nonché per l’approvvigionamento di stupefacente per uso personale. Fondamentale nell’operazione la collaborazione tra le Procure: “Le indagini erano state avviate dalla Procura della Repubblica di Avezzano, ma il coordinamento con le Procure dell’Aquila e di Chieti ha permesso di acquisire elementi per svelare anche il tentato omicidio nell’area teatina”, ha spiegato la Gobbini.
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