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Estorsioni tra Scafati, Pompei e Castellammare: oltre 80 anni di carcere per i clan Loreto-Ridosso e Cesarano

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Scafati. Estorsioni, usura, riciclaggio, intestazione fittizia di beni: la Corte di Appello di Salerno ha confermato in larga parte le condanne inflitte in primo grado per gli esponenti del clan Loreto-Ridosso e Cesarano di Pompei-Castellammare che avevano messo sotto torchio commercianti e imprenditori della zona tra cui anche i fratelli Moxedano gestori della Sala Bingo di Pompei e i gestori di quella di Scafati. Nelle rete degli investigatori due anni fa erano finiti in 16 tra cui alcuni prestanome dei Loreto-Ridosso nelle attività apparentemente ‘pulite’. Numerose le accuse, valutate dal giudice per le udienze preliminari Maria Zambrano: associazione per delinquere, usura, estorsione, intestazione fittizia di beni furono scoperte grazie alle indagini dei e della Dia, coordinate dal pm della Dda Giancarlo Russo. L’indagine si è arricchita delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia tra i quali Alfonso Loreto, Romolo Ridosso e successivamente anche quelle di Andrea Spinelli detto Dario. Tra gli episodi emersi nel corso delle indagini le estorsioni a numerosi industriali conservieri imposte dai nuovi rampolli del clan Loreto-Ridosso con la supervisione di Pasquale Loreto, il pentito che dalla località protetta gestiva gli affari insieme al figlio Alfonso nella sua terra di origine. Pasquale Loreto, protagonista della camorra degli anni ’90, anche da pentito riusciva ad incutere timore alle sue vittime, tanto che in alcune occasioni aveva fatto prelevare e minacciare dai suoi accoliti alcuni industriali per imporre loro di pagare il pizzo.

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Nel dettaglio la sentenza della Corte d’appello di Salerno (presidente Sicuranza, consiglieri De Luca e Ianniciello) che conferma le condanne per i reggenti del , per Antonio Matrone, figlio del boss Franchino a belva(assolto in primo grado) e per il boss Luigi Di Martino detto o’ profeta, boss del che è stato condannato a otto anni e sei mesi di reclusione più 7.000 euro di multa invece di nove anni e sei mesi del primo grado. L’ex giovane boss ora pentito Alfonso Loreto, figlio di Pasquale pure lui pentito da anni, è stato condannato a nove anni, quattro mesi e venti giorni quale pena complessiva per i reati già posti in continuazione; Antonio Matrone invece a tre anni di reclusione e 460 euro di multa a fronte dei quattro anni e sei mesi decisi in primo grado. Gennaro Ridosso di Romolo a cinque anni, undici mesi e dieci giorni di reclusione più 1.533 euro di multa invece di sette anni e quattro mesi, Luigi Ridosso a cinque anni, undici mesi e dieci giorni di reclusione più 5.600 euro di multa invece di sette anni e dieci mesi, Salvatore Ridosso a cinque anni e sei mesi di reclusione più 2.200 euro di multa a fronte dei sei anni e dieci mesi inflitti in primo grado. Invece il pentito Andrea Spinelli detto Dario è stato condannato a un anno di reclusione e 200 euro di multa invece di un anno e dieci mesi. Gli altri due pentiti storici ovvero Pasquale Loreto e Romolo Ridosso sono stati condannati il primo a sei anni ed otto mesi e il secondo a otto mesi e dieci giorni. Giovanni Cesarano a cinque anni di reclusione e 1.800 euro di multa a fronte dei cinque anni e dieci mesi inflitti in primo grado, Fiorentino Di Maio a cinque anni e 1.800 euro di multa invece di sei anni e quattro mesi, Vincenzo Pisacane a tre anni di reclusione e 600 euro di multa invece di tre anni. E ancora Giuseppina Casciello a un anno, due mesi e venti giorni di reclusione, Roberto Cenatiempo a quattro anni e quattro mesi, Francesco Paolo D’Aniello a due anni e sei mesi, Giovanni Immediato a un anno, due mesi e venti giorni. Infine assoluzione perché il fatto non costituisce reato per Mario Sabatino, che in primo grado aveva incassato un anno, due mesi e venti giorni. In primo grado c’erano state altre otto le assoluzioni alcune delle quali eccellenti come quella di Francesco Matrone, alias Franchino a belva, Giuseppe Di Iorio, Mario Di Fiore, Pasquale Di Fiore (il boss di Acerra), Giovan­ni Messina, Giuseppe Morel­lo di Torre Annunziata, Francesco Nocera e Vin­cenzo Pisacane.


Articolo pubblicato il giorno 24 Marzo 2019 - 07:17


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