Melito. Sarà effettuata domani l’autopsia sul corpo di Norina Matuozzo, la donna di 33 anni che sabato è stata uccisa a colpi di pistola dal marito Salvatore Tamburrino in casa dei genitori a Melito. Il fascicolo di indagine è affidato al pm Antonio Vergara, che ha già ascoltato Tamburrino, affiliato al clan Di Lauro del quartiere di Napoli di Secodigliano, che, assistito dall’avvocato Domenico Smarrazzo, si è costituito e ha confessato. Sempre domani si terrà anche l’udienza di convalida del fermo del marito della donna. A presiedere l’udienza sarà il gip Alfano del tribunale di Napoli Nord. Attualmente l’uomo si trova detenuto nella casa circondariale di Poggioreale, in isolamento e guardato a vista. Tamburrino è anche al centro di un giallo, alimentato da voci di corridoio insistenti, che lo vedono collaborare con i magistrati, attribuendogli una ‘soffiata’ decisiva per la cattura, poche ore dopo l’uxoricidio, del boss Marco Di Lauro, in una casa di Chiaiano, quartiere Nord di Napoli, chiudendo 14 anni di latitanza. E’ una notizia questa che non ha trovato però conferme, anzi l’avvocato, già ieri un un comunicato ha ribadito che nel verbale di interrogatorio rilasciato nel giorno stesso dell’omicidio non c’e’ alcun riferimento a Di Lauro. “Quella della collaborazione del mio assistitoè una storia destituita di fondamento – sottolinea l’avvocato – e purtroppo è una storia che rischia di creare pericolose conseguenze”. Norina Matuozzo l’aveva lasciato perchè aveva appreso di una storia extraconiugale del marito, e si era trasferita a casa dei genitori in via Giovanni Papa XXII nel parco ‘Queen’ di Melito, così come ricostruito dagli investigatori. Sabato mattina Salvatore Tamburrino l’ha raggiunta per implorare il suo perdono ma, soprattutto, per farla finita. Tamburrino ha spiegato che aveva redatto testamento e che aveva acquistato la pistola per uccidersi. Aveva invitato Norina in un’altra stanza perchè voleva togliersi la vita davanti a lei e non anche davanti ai suoceri che erano in casa, ma quando la donna ha rifiutato, Salvatore Tamburrino sostiene di aver perso la testa: “Ho chiuso gli occhi e ho sparato tre volte. Volevo spaventarla”. “Era armato e ha minacciato di uccidersi nel mio studio”, ha raccontato il legale. La cattura di Di Lauro è invece legata a “una fibrillazione tecnica sulle utenze telefoniche sotto controllo”, così come ha spiegato sabato Antonio De Iesu. Dal cellulare di Tamburrino, considerato il ‘braccio destro di Marco Di Lauro’, sarebbero partite telefonante concitate che avrebbero poi portato polizia e carabinieri a incastrare il latitante.
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