Caso di ‘revenge porn’ al Tribunale di Torre Annunziata: a processo un pompeiano

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Si avvia verso la conclusione il processo che vede imputato un uomo di Pompei, V. V., per aver diffuso tramite Facebook plurime immagini pornografiche di una donna salentina quale atto ritorsivo per la fine della loro relazione sentimentale. Immagini che divennero in pochi istanti oggetto di condivisione così da confinare la donna in uno stato di profonda disperazione e da far temere il peggio, al pari di quanto accaduto nel caso di Tiziana Cantone, suicidatasi a causa di un video hard finito in rete.Nell’ottobre del 2014, la donna (fino a quel momento non iscritta a Facebook) fu informata di un falso profilo attivato a suo nome su cui erano state caricate diverse immagini intime, che la ritraevano chiaramente in volto, durante rapporti sessuali avuti con l’uomo, visibili a chiunque e diffuse dal predetto profilo all’indirizzo di altri utenti.

La signora, difesa dall’avvocato Giancarlo Sparascio, presentò immediatamente un atto di denuncia – querela contro l’uomo presso la Procura della Repubblica di Lecce, con richiesta di sequestro dei dispositivi elettronici, nel mentre il profilo veniva oscurato anche con l’intervento della polizia postale di Lecce. Seguì una perquisizione a Pompei ed il sequestro del computer dell’uomo operato dal compartimento di polizia postale di Napoli, su cui veniva eseguita una consulenza tecnico – informatica del consulente della Procura Leccese, ingegnere Claudio Leone.

L’uomo fu così rinviato a giudizio innanzi al Tribunale di Lecce nel novembre del 2016 per rispondere dei reati di sostituzione di persona, diffusione di immagini pornografiche e diffamazione aggravata, uniche ipotesi delittuose (nel caso di specie) che la legislazione attuale ha consentito di utilizzare per contrastare la condotta di cosiddetto revenge porn, ma che hanno comportato il trasferimento del processo per competenza territoriale presso il Tribunale di Torre Annunziata.  

Il dibattimento è stato aggiornato al prossimo 15 Luglio; peraltro, in occasione dell’udienza tenutasi lunedì scorso, è stata acquisita al fascicolo del dibattimento la consulenza del ingegnere Claudio Leone che sarà esaminato nel corso della successiva ed ultima udienza già fissata anche per le discussioni e per la sentenza. 

“I gravissimi fatti sottesi a questo processo, che avrebbero potuto sortire – come, in altre occasioni, hanno comportato – conseguenze fatali, stanno dirigendosi verso il loro definitivo accertamento nel dibattimento”, riferisce l’avvocato Giancarlo Sparascio, “pur con immensi sforzi in ragione della totale inadeguatezza delle classiche fattispecie di reato rispetto all’incriminazione di condotte radicalmente nuove che richiederebbero l’introduzione dell’autonomo delitto di revenge porn, come finalmente pare essersi reso conto il Parlamento Italiano, circostanza che sarà utile a scongiurare trasferimenti dei processi (con connesse trasmigrazioni dei fascicoli), nonché a prevedere un trattamento sanzionatorio maggiormente aderente alla portata lesiva delle condotte, sebbene, nel caso di specie, in ragione dei tre reati contestati e della recidiva reiterata, la pena in caso di condanna rischia di essere considerevole.

Infine, il difensore segnala che presso la Procura di Torre Annunziata vi è un secondo procedimento, in attesa di determinazioni da parte del Pubblico Ministero, “originato da una denuncia – querela estesa anche al Fondatore Mark Zuckerberg a causa della riattivazione a distanza di due anni dai fatti originari dello stesso profilo già segnalato ed oscurato: riattivazione riconducibile all’inadeguatezza del sistema di controllo e di sicurezza predisposto dai vertici aziendali di Facebook che, in Europa, dispone di un solo ufficio, situato in Germania, deputato alle operazioni di verifica e di rimozione di post che vengono utilizzati come strumento di revenge porn o per la commissione di altri reati, mentre l’Italia, con oltre 28 milioni di utenti, è del tutto sprovvista di una struttura operativa del social che possa svolgere tali operazioni, come emerso nell’ambito di un’inchiesta giornalistica nonché come riferito dall’ex presidente della Camera dei Deputati, On. le Laura Boldrini, in una missiva in cui si richiedeva a Zuckerberg di voler procedere all’apertura di un ufficio competente per l’Italia che possa fungere da raccordo con l’autorità giudiziaria e di polizia; nota che Facebook riscontrava precisando che il social sarebbe stato arricchito di funzioni utili ad impedire il fenomeno del revenge porn, anche attraverso strumenti di intelligenza artificiale basati sul riconoscimento facciale per il tramite dei quali sarebbe stata evitata la diffusione in rete di immagini e video pornografici contro il volere della persona ritratta, con conseguente disattivazione permanente dei profili recanti tali contenuti.”


Articolo pubblicato il giorno 21 Marzo 2019 - 22:22
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