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Caso De Luca: la Cassazione annulla la censura al giudice Scognamiglio. Il caso ritorna al Csm

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La Cassazione annulla con rinvio la censura applicata al giudice di Napoli Anna Scognamiglio, il consiglio superiore della magistratura dovrà rivedere il caso. Scognamiglio era stata censurata per aver violato l’obbligo di astensione – legato al fatto che il marito, all’epoca, aspirava all’incarico di direttore generale in una Asl campana – in “tre procedimenti” sull’applicazione della legge Severino nei confronti del Governatore della Campania Vincenzo De Luca, i cui atti finirono davanti alla Consulta. Le sezioni unite civili della Cassazione hanno infatti accolto in parte il ricorso presentato dal magistrato contro la sentenza del Csm che quindi è stata annullata con rinvio. “Le censure pongono in rilievo che la rappresentazione in fatto contenuta nella sentenza impugnata è inficiata da errori”, si legge nella sentenza depositata oggi al ‘Palazzaccio’, per cui “la presenza di tale erronea ricostruzione del comportamento” di Scognamiglio “impone la necessita'” che la “complessiva condotta della ricorrente, una volta correttamente ricostruita, sia oggetto di un nuovo esame da parte della sezione disciplinare”. I giudici di piazza Cavour, infatti, rilevano che, con riferimento al ricorso proposto da De Luca contro il decreto del 26 giugno 2015 che lo sospendeva dalla carica di presidente della Regione Campania, “Scognamiglio non vi ha svolto alcuna attività, non essendo la stessa in alcun modo partecipe di detto giudizio. Di tale necessaria precisazione, tuttavia, nella sentenza impugnata non vi è traccia”. La disciplinare, inoltre, dovrà considerare alcune circostanze finora non valutate, quali il fatto che, nell’ordinanza sul caso De Luca del 16 settembre 2015, il magistrato “aveva inevitabilmente seguito l’interpretazione già adottata nel precedente giudizio”, nonché la questione riferita all’entrata in vigore della legge Madia (n.124/2015), con cui, per gli incarichi di direttore generale, amministrativo e sanitario, venivano costituiti albi nazionali a cui le regioni e le province autonome dovevano attingere, “con la conseguenza che, alla data dell’11 settembre 2015, data di trattazione del procedimento, la pregressa posizione acquisita dall’avvocato Guglielmo Manna”, marito di Scognamiglio, “in vista di una sua possibile nomina a ricoprire incarichi nell’ambito della Regione Campania, non era più efficace, né risulta che quest’ultimo avesse partecipato al nuovo avviso”.
Scognamiglio era stata condannata alla censura e assolta dall’accusa di aver violato la riservatezza e di aver rivelato notizie riservate a suo marito, Guglielmo Manna. Ora il caso ritorna dinanzi al Csm che dovrà rivedere la vicenda alla luce delle prescrizioni della Cassazione.


Articolo pubblicato il giorno 11 Marzo 2019 - 17:11

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