È stata presentata oggi a Milano, negli studi di Sky Sport 24, la quinta edizione di “Calciatori sotto tiro”, a cura dell’Associazione Italiana Calciatori, il Report che evidenzia i principali casi di intimidazione e violenza nei confronti di calciatori professionisti e dilettanti non solo della passata stagione (2017/18), ma anche l’analisi del trend di questi ultimi cinque anni (a partire dal campionato 2013/14).Sono intervenuti Damiano Tommasi (Presidente AIC) insieme a Pierpaolo Romani (Presidente Avviso Pubblico) e Fabio Poli (Direttore organizzativo AIC), redattori del Rapporto, che hanno illustrato i dati raccolti dall’Osservatorio istituito dall’AIC attraverso un’ampia indagine sul campo.
Obiettivo dello studio AIC è quello di svolgere, ogni anno, un’indagine approfondita sulla quantità e sulla tipologia di intimidazioni, offese e minacce che hanno per oggetto i giocatori di calcio, tanto a livello professionistico quanto dilettantistico. Essere “Calciatori sotto tiro”, significa essere minacciati, vittime di gesti di razzismo, di violenza, non solo per il colore della pelle o per la provenienza, ma per qualsiasi altro tipo di episodio, come ad esempio il passaggio ad altra squadra, la perdita di una partita ritenuta particolarmente importante, il rendimento sul campo al di sotto delle aspettative.
I dati presentati in questa quinta edizione, raccolti anche attraverso la consultazione quotidiana di articoli di stampa e su segnalazione dei propri referenti territoriali, mettono in luce quasi 500 casi di violenza ed evidenziano come, come nel nostro Paese, il razzismo, con il 41%, è diventato la prima causa. A seguire la sconfitta o un rendimento sportivo al di sotto delle aspettative. In pratica si invertono i pesi rispetto al passato: nella stagione 2015/2016 il razzismo rappresentava la causa del 21% degli episodi, la sconfitta il 58%.
In generale crescono i casi nei campionati giovanili e diminuiscono in Serie A. Da un punto di vista “territoriale” il nord è l’area più pericolosa dove giocare, lo stadio è il luogo predominante delle minacce e il calciatore viene colpito (nella maggior parte dei casi da tifosi avversari) quando è solo (71% dei casi) perché è più indifeso. Ma resta un 25% di attacchi dal “fuoco amico”, ovvero le proprie tifoserie.
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