Ai nostri lettori sarà già noto il caso del famoso “spennacchio”, l’abete natalizio con cui la Sindaca pentastellata di Roma Virginia Raggi omaggiò i propri concittadini nel Natale del 2017. Spennacchio venne sistemato in una delle belle piazze romane. La bonaria ironia tipicamente romanesca però bollò a fuoco l’accaduto.
Ma presto a Pompei Scavi gli umoristi troveranno terreno fertile. E’ il terreno su cui giace – anzi giacque, a questo punto – la Pineta Demaniale o meglio, la quasi ex Pineta. In futuro forse la Pineta Spennacchia. E purtroppo non c’è di che ridere. La Pineta Demaniale – o parte di essa – va morendo é sotto gli occhi di tutti infatti. Sia dei cittadini Pompeiani – appena circa venticinquemila, quindi poca roba – sia dei milioni di turisti di tutti i Paesi, che nel 2018 hanno visitato lo Scavo archeologico più famoso al mondo. Intanto, mentre scriviamo, il sito di impianto della Pineta si va desertificando, dopo una atroce potatura che privò i pini di gran parte della chioma. Né al momento noi sappiamo se qualcuno stia facendo qualcosa per arginarne la moria.Basta percorrere la Via Plinio e guardare per rendersi conto del disastro naturale che si va compiendo per circa il 20% degli esemplari di Pini Mediterranei – i Pinus Pinea – che componevano la Pineta. Noi non sappiamo di chi sia la responsabilità diretta. Ma raccontiamo i fatti. Si sta perdendo un bene pubblico da sempre agognato dai pompeiani della Pompei nuova, quella viva, e difeso a denti stretti dai vari soprintendenti succedutisi alla guida degli Scavi Pompeiani dopo Maiuri, che amò anche la Pompei nuova, quella viva.
La Pineta fu infatti piantumata nel 1945, subito dopo la guerra, in piena epopea Maiurina, con don Amedeo appena reduce dalle ferite che un paio d’anni prima gli avevano procurato alcuni aerei caccia alleati che lo mitragliarono a bassa quota mentre si recava a Napoli in bicicletta per stare al proprio posto di Soprintendente nel Museo Nazionale. Fu portato in ospedale insieme con la bicicletta. Erano tempi da “ladri di biciclette”…Sì! il grande archeologo andava proprio in bicicletta! …mentre le linee ferroviarie tra Napoli e Pompei erano devastate dai bombardamenti incessanti, che non risparmiarono gli Scavi pompeiani, ove caddero decine di bombe.
Altri Tempi, ma soprattutto altri Uomini, veri custodi della Cosa Pubblica, con un innato senso di rispetto per lo Stato. E per i cittadini, aggiungiamo noi.
Infatti fu lo stesso Maiuri a operare di intesa con l’allora Commissario Straordinario, poi Sindaco, Romualdo Federico, insediato alla guida del Comune di Pompei dagli stessi Alleati a guerra appena finita. Maiuri infatti appoggiò la sua richiesta di poter percepire dal Biglietto di ingresso agli Scavi di Pompei qualcosa per il Comune e di mettere a disposizione dei Pompeiani lo spazio demaniale occupato dalla appena impiantata Pineta. La Burosaurocrazia però romana disse di no. Senza appello.
D’altra parte, solo pochi anni prima Ignazio Silone, il socialista senza partito, dal suo esilio svizzero negli anni Trenta del Novecento definiva lucidamente la Burocrazia “anonima e irresponsabile” nella sua opera “La Scuola dei Dittatori”.Ma la Pineta demaniale – con la “P” maiuscola anche in barba alle regole grammaticali – rimase sempre nelle corde dei pompeiani e di vari sindaci che si susseguirono alla guida del Comune di Pompei.I burosauri romani, dal chiuso delle loro stanze grigie come le loro scartoffie, appoggiarono comunque sempre i soprintendenti che – diversamente dal grande Maiuri – dissero anche essi NO all’uso comunale della Pineta.
Insomma la Pineta era demaniale era e demaniale doveva rimanere. E che Cacchio!
Il NO è stato ripetuto fino a questi anni recenti del roboante Grande Progetto Pompei, che stiamo vivendo. Per qualche anno però, nell’ultimo decennio, si concessero alcuni percorsi in alcune ore del giorno a volenterosi “maratoneti” dilettanti di una associazione sportiva.
Ma la Pineta demaniale, invece che essere il luogo ombroso accogliente per i turisti in visita agli Scavi e per gli occasionali maratoneti sudati e affannati, è divenuta in questi ultimi due o tre anni il Parcheggio stabile a cielo aperto delle tante auto dei dipendenti dei vari Uffici interni ed esterni degli Scavi e di muratori e tecnici delle Imprese appaltatrici dei Lavori del Grande Progetto Pompei. E delle tante subappaltatrici e infine anche degli amici degli amici. Ai piedi dei pini quasi centenari si formava nella stagione estiva – la stagione dei cantieri in piena attività – un rutilante e multicolore tappeto di macchine, tra lo sconcerto della maggior dei turisti d’ogni paese, che percorrevano il Viale delle Ginestre San Paolino. Ora la Pineta Demaniale è in attesa di riprendere questo mortificante ruolo di area di Parcheggio, appena si saranno aperti nuovi cantieri, come tutti speriamo. Come speriamo che siano Cantieri di manutenzione diffusa e puntuale, capace di evitare il degrado dei “grandi” Restauri del Grande Progetto Pompei.
Poi, quando sarà inaugurato l’Archeomostro di Porta di Stabia, il nuovo fabbricato per uffici in via di ultimazione – in serio odore di abusivismo edilizio per violazione delle leggi sul paesaggio – il via vai di auto della routine quotidiana sarà il vero protagonista di quell’area demaniale negata alla collettività pompeiana
E la Pineta Demaniale di questo passo si avvierà a scomparire del tutto. Occorre un urgente intervento di disinfestazione! Intanto dalle notizie in nostro possesso possiamo annunciare che si sta muovendo decisamente sul problema il vivace “Comitato Valle del Sarno” de L’Altritalia Ambiente, Onlus nazionale portatrice di interessi comuni collettivi.
Esso segnalò per primo la costruzione in corso nei pressi di Porta di Stabia, per noi sinteticamente l’Archeomostro, muovendo una tempesta politica e la Procura della Repubblica di Torre Annunziata. Ma tutto tace. Finora.L’Associazione Ambientalista intanto sta elaborando un documento – da inoltrare alla sensibilità della nuova reggente del parco Archeologico di Pompei – sullo “stato di salute” di quel che resta della Pineta Demaniale voluta da don Amedeo Maiuri.
Federico L.I. Federico
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