Cronaca Giudiziaria

Scafati, processo al clan Matrone per gli attentati in città, la difesa: ‘Nessun contesto camorristico’

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Scafati. Estorsioni, armi, droga: i ‘signori’ del pizzo di Scafati che a suon di pistolettate e bombe chiedevano le tangenti ai commercianti scafatesi. Cinquantasette anni di carcere questa la somma degli anni di reclusione chiesta dal pm della Dda Giancarlo Russo al giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Salerno. Ma l’udienza di ieri era riservata ai difensori degli imputati che hanno attaccato duramente la tesi dell’accusa facendo emergere parecchie incongruenze investigative.Una intera udienza monopolizzata dalle discussioni degli avvocati degli imputati. Nell’ordine si sono susseguite le discussioni di Massimo Autieri e Stella Criscuolo che hanno difeso la posizione di Buonocore Giuseppe. A seguire è stata la volta dell’avvocato Gennaro De Gennaro che ha difeso le posizioni di Giovanni Barbato Crocetta, Palma Antonio, Patrone Nicola, Palma Pasquale, Panariello Marcello ed Elvira Improta. Gli imputati sono accusati a vario titolo di concorso in tentata estorsione aggravata, armi, detenzione di stupefacenti, con l’aggravante del metodo mafioso. A maggio scorso, in quattro finirono in cella. Secondo gli inquirenti avrebbero chiesto tangenti a suon di bombe e proiettili. Tre i tentativi di estorsione avvenuti tra i mesi di agosto e dicembre dello scorso anno ai danni di un imprenditore dell’area scafatese, contestati agli imputati che facendo riferimento all’appartenenza al clan Matrone di Scafati, chiedevano ai commercianti di pagare il pizzo. Tra i vari attentati contestati, quello nei confronti dell’insegna dei Roxe Legend Bar di via Melchiade di proprietà della famiglia Buonocore. Un altro davanti al centro scommesse di via Martiri d’Ungheria “Fly Play”. E ancora, colpi di pistola calibro 7,65 nei confronti del bar La Dolce Vita di Giuseppina Generali, moglie di Dario Spinelli (ora pentito) per finire ad agosto 2017 quando finirono nel mirino la pescheria Acqua e Sale di via Montegrappa (a commettere l’attentato furono per gli inquirenti i fratelli Panariello) il negozio di parruccheria Nico Style di Nicola Tamburo.A dicembre, poi, l’estorsione al titolare di un tabacchi da parte di Giovanni Barbato Crocetta. Oltre a quello dell’Iper G per il quale hanno confessato Panariello Pasquale e Palma Antonio. Secondo gli inquirenti le azioni criminose erano state ordinate da Peppe Buonocore il quale, proprio ai giudici del Riesame di Salerno, ribadì di non essere artefice di nessun clan e il Tribunale confermò che nelle azioni delittuose non c’era agevolazione mafiosa. Prossima udienza fissata al 6 Marzo. Sentenza prevista per il mese prossimo.


Articolo pubblicato il giorno 7 Febbraio 2019 - 22:54

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