Quando i finanzieri hanno iniziato a scavare in un circuito di soldi veri e fatture fale, in una piramide di carte e documentazioni nell’ambito del cantiere che porterà alla riqualificazione di via Marina a Napoli sono arrivati a Luigi Esposito. Il suo nome è tra i destinatari delle misure cautelari emesse dal gip del tribunale di Napoli. Luigi Esposito in realtà è un senza fissa dimora, praticamente un senzatetto utilizzato come prestanome per poche centinaia di euro. Nei fatti però Esposito era considerato come il liquidatore di una delle società che emetteva fatture, l’uomo è stato interrogato dalla Guardia di Finanza ed ha negato di aver posseduto un conto corrente e di non conoscere il nome della società che, almeno formalmente, gestiva. L’uomo ha raccontato di essersi limitato a seguire una persona che conosceva nello studio di un notaio nel casertano in cambio di poche centinaia di euro.
Tutto parte nel febbraio del 2017. Achille Prospero, uno delle sette persone finite ai domiciliari, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, si presenta negli uffici del consorzio “Asse costiero Scarl” e consegna una fattura di oltre 148mila euro e poco più di 75mila euro in contante. Soldi cash che vengono divisi al cospetto dei fratelli Umberto e Vincenzo Ianniello, oltre ai fratelli Pasquale e Mariano Ferrara. Questo denaro veniva diviso in mazzette di 5mila euro e distribuito. Secondo la ricostruzione della Guardia di Finanza questi soldi sono frutto di finanziamenti sbloccati dalla comunità europea grazie alle carte, ritenute false, presentate dalla stazione appaltante ovvero il comune di Napoli che attestato lavori e forniture.
“Prospero – scrive il gip della procura di Napoli – è un oscuro intermediario e gestore di fatto della Exchange, provvede a far rientrare il denaro in contanti riguardo alle fatture false pagate dal consorzio in favore dei fratelli Ferrara e Ianniello, che utilizzeranno le stesse riferibili ad operazioni inesistenti per conseguire gli illeciti profitti costituti dal rimborso di costi mai sostenuti dalle società consorziate ad essere riferibili, inducendo in tal modo in errore i pubblici ufficiali preposti all’istruzione e liquidazione degli importi da corrispondere”. Questo sistema secondo i giudici avrebbe procurato anche un danno economico all’intera collettività oltre che del comune di Napoli.
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