“Pasquale Amodio membro del clan Sequino, addetto alla gestione delle scommesse on-line. Faccio presente che Pasquale Amodio realizzò un sito clandestino di scommesse sulle partite di calcio e su altri eventi sportivi che veniva imposto alle varie agenzie di scommesse esistenti nella Sanità. Se ricordo bene, il Commissariato San Carlo Arena ha svolto degli accertamenti su tale sito clandestino”. E’ l’11 giugno dello scorso anno quando il neo pentito Pasquale Pandolfi elemento di spicco del clan Vastarella, scampato due volte alla morte spiega ai magistrati della Dda parte dei segreti dei clan del rione Sanità. E spiega come il clan Sequino, ai quali i Vastarella erano stati alleati fino all’agosto del 2016, imponevano il pizzo alle agenzie di scommesse del quartiere. In molti casi gli affiliati effettuavano delle giocate a debito fino a 700 euro e se perdevano naturalmente non pagavano, se vincevano invece non solo incassavano la vincita ma non lasciavano in cassa neanche la parte della cifra giocata. Anche Gianni Gianni Sequino per un certo periodo aveva gestito una agenzia di scommesse poi era stata chiusa dai carabinieri. Nell’inchiesta sul clan che l’altro giorno ha portato in carcere 24 tra capi e affiliati dei clan Sequino, Vastarella e Savarese figura anche un troncone dedicato appunto al pizzo sulle agenzie di scommesse e che ha determinato una seconda ordinanza cautelare che ha colpito Pasquale Amodio, Gennaro Passaretti detto “Genny ’o cecato”, Giovanni Sequino “Gianni Gianni”, Alexander Babalyan, detto “’o polacco” per le sue origini; Pasquale Cunzi, “Lino”; Ciro Esposito “’o macall”; Nunzio Giuliano; Enrico La Salvia detto “Zepechegno”; Salvatore Pellecchia, “Dudù”. Il gruppo oltre ad imporre le giocate a debito e l’utilizzo del sito on line realizzato da Amodio chiedeva il pizzo di 500 euro ogni mese a tutti. Fino a quando qualcuno non si è ribellato. E c’è stato anche chi ha ricevuto la ‘sgradita visita’ dei pistoleri del clan che ha fatto fuoco contro le saracinesche come dimostra il video allegato e che è stato consegnato ai carabinieri che hanno effettuato le indagini.
Rosaria Federico
3.continua
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