Il narcotrafficante messicano Joaquín Guzmán Loera, meglio noto come El Chapo, è stato condannato per tutti e dieci i capi d’accusa per i quali era imputato al suo processo, in corso dallo scorso novembre a New York. Guzmán, che ha 61 anni ed è il più famoso trafficante di droga del mondo, riceverà probabilmente l’ergastolo: la sua pena sarà decisa in una nuova udienza a giugno. Il destino del più enigmatico, feroce e leggendario boss del cartello della droga latino-americano è stato deciso da un gruppo di giurati popolari, sette uomini e cinque donne: anonimi e parzialmente ‘sequestrati’ durante tutta la durata del processo, hanno ascoltato testimonianze di torture e omicidi sanguinari, episodi di corruzione a tutti i livelli del governo messicano, avventure con “narco-amanti”, fughe rocambolesche in tunnel sotterranei, fucili mitragliatori AK-47 placcati d’oro e pistole con le iniziali tempestate di diamanti.
Il processo, durato mesi durante i quali sono stati ascoltati 56 testimoni, 14 dei quali lavoravano per Guzmán, ha ripercorso la storia del cartello di Sinaloa, fatta di brutali violenze contro i rivali, di evasioni spettacolari e di strategie innovative nel narcotraffico, che permisero a Guzmán di costruire un impero dal valore di miliardi di dollari grazie alle migliaia di tonnellate di droga introdotte nell’arco di vent’anni negli Stati Uniti, e grazie alle grandi violenze e all’estesa corruzione in Messico.
Alla lettura della sentenza, Guzmán non ha mostrato particolari emozioni. Jeffrey Lichtman, uno degli avvocati di Guzmán, ha detto che ricorreranno in appello: ha però ammesso di non aver mai affrontato un processo con così tante prove e testimoni, aggiungendo di aver fatto «tutto quello che potevamo come avvocati». La difesa non ha negato i crimini di Guzmán, ma ha provato a sostenere che fosse manovrato da funzionari governativi più malvagi di lui. In tutto, però, la versione della difesa è durata soltanto mezz’ora, contro le dieci settimane occupate dall’accusa. Guzmán si è rifiutato di testimoniare.
Articolo pubblicato il giorno 13 Febbraio 2019 - 07:44