Cronaca Giudiziaria

Camorra, l’ex baby boss Riccio: ‘Se potessi tornare indietro non lo rifarei’ e ottiene lo sconto a 16 anni di carcere

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“Ero giovanissimo, non lo rifarei se potessi tornare indietro. Sono dispiaciuto e adesso posso dire solo questo”. E’ bastato questo breve mea culpa a Mariano Riccio, l’ex giovane boss sanguinario che provocò per un breve periodo la scissione tra gli scissionisti del clan Amato-Pagano, per ottenere un consistente sconto di pena nel processo che lo vedeva imputato davanti al Tribunale per i minori (perché all’epoca dei fatti aveva 17 anni) per la strage con lupara bianca del 15 marzo 2009 in cui furono massacrati e fatti sparire i corpi di Francesco Russo “’o dobermann”, del figlio Ciro e del guardaspalle Vincenzo Moscatelli. E  così il giudice ha concesso le attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante del fatto e con la riduzione prevista dal rito abbreviato, dal rito davanti al tribunale dei minorenni e senza la premeditazione fanno 16 anni. Alla luce delle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia, in primo luogo, come ricorda Il Roma, dall’ex boss di Miano, Antonio Lo Russo, ma anche Carmine Cerrato (classe 1976) e Biagio Esposito. Riccio sarebbe coinvolto nella strage di Mugnano. La sera del 15 marzo 2009 furono ammazzati, oltre al ras Francesco Russo ’o dobermann, anche il figlio Ciro e Vincenzo Moscatelli. Il triplice omicidio fu compiuto da esponenti del clan Lo Russo e degli Amato-Pagano. Fu una “cortesia” che  Antonio Lo Russo all’epoca reggente dei “capitoni” chiese al suo compare di nozze il super boss Cesare Pagano. I tre vennero puniti perché, secondo Antonio Lo Russo erano diventati troppo autonomi rispetto alla cosca. Contemporaneamente nel Tribunale di Napoli si è svolta anche l’udienza a carico degli altri imputati per i quali i pm della Dda di Napoli, Maurizio De Marco e Vincenza Marra, hanno chiesto 6 ergastoli e 51 anni di carcere

nel processo che si sta svolgendo con rito abbreviato davanti al gup Egle Pilla. Alla sbarra ci sono il super boss Cesare Pagano, il nipote Carmine Amato, il killer Oreste Sparano, Oscar Pecorelli ‘o malommo, spietato killer del clan Lo Russo, Lucio Carriola e Francesco Biancolella detto ciccio o’ monaco. E poi i pentiti Antonio Lo Russo ( mandante del triplice omicidio e ‘compariello di nozze di Cesare Pagano) Antonio Caiazza, Biagio Esposito e Carmine Cerrato detto takendò. Il boss Cesare pagano aveva fatto pervenire una lettera dal carcere per evitare la richiesta di ergastolo che puntualmente era arrivata nella passata udienza in cui diceva  di “essere uno degli iniziatori della faida, ma dichiara anche di essere cambiato, di essere un uomo per molti versi nuovo, grazie agli anni di detenzione trascorsi in cella”.Ma Il pm Marra non ci sta e nella sua replica ha spiegato: “Sono anni che sentiamo parlare di Gomorra, dell’immagine dei killer che si muovono tra periferia e centro storico, è giusto in questo momento dare una risposta processuale a chi questa Gomorra l’ha provocata. delitti quando sanno di essere spalle al muro, mandano lettere in Procura e al giudice per sostenere di essere uomini diversi, folgorati sulla via di Damasco. Eppure non aggiungono nulla alla storia di un processo a senso unico, in cui tutti i killer sono praticamente pentiti, dunque reo confessi. Perché invece di chiedere scusa e provare a dissociarsi in extremis, non dicono dove sono finiti i soldi della droga? E perché non risarciscono le tante persone colpite dal dramma della droga?”. Come a dire nessuno sconto.

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Articolo pubblicato il giorno 5 Febbraio 2019 - 09:28 / di Cronache della Campania

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