Un monologo fulminante che ripercorre i patimenti della reclusione forzata di Frida Khalo, i lucidi deliri artistici di pittrice affamata di vita e di colore. La sintesi infuocata di un’esistenza piena e tormentata, la parabola di una grande pittrice dal vertice estremo dei suoi giorni. Viva la Vida! dal 31 gennaio al 10 febbraio in scena al Ridotto del Mercadante. La messa in scena è liberamente tratta dal monologo dello scrittore Pino Cacucci, adattamento e regia di Gigi Di Luca, musiche di scena Lavinia Mancusi, body painter Veronica Bottigliero, scene Maria Teresa D’Alessio
costumi Roberta Di Capua e Rosario Martone in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Napoli Cattedra di Scenografia – Prof. Luigi Ferrigno e Cattedra di Costume per lo spettacolo – Prof.ssa Zaira de Vincentiis. La produzione è del Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale. In scena Pamela Villoresi che descrive la voracità con cui Frida Kahlo ha divorato se stessa nel bene e nel male. Consumata dal dolore fisico, Frida si aggrappa con tutta se stessa alla vita, in un monologo intimista basato sulla forza interiore di questa donna, sulla passione per l’arte, per il Messico, per tutte le relazioni umane vissute con impeto ed intensità. Si rinnova l’attenta e sensibile ricerca di Gigi Di Luca sull’universo femminile e la collaborazione con Pamela Villoresi, già diretta in Memorie di una Schiava e La nuotatrice. Uno spettacolo che dà voce ad una donna straordinaria capace di afferrare la propria sofferenza e di elevarla a una dimensione poetica e allo stesso tempo trasgressiva. “Ho nelle vene sangue di ebrei ungheresi e sangue di indios taraschi, discendo dalla mescolanza di genti perseguitate e conquistate costrette alla fuga e disperse. Sono carne e spirito delle Americhe, sono meticcia, sono figlia di una figlia nata dallo stupro dei guerrieri avidi d’oro “. La voce della molteplice natura di una donna capace di afferrare con determinazione la propria sofferenza elevandola ad una dimensione poetica. Un urlo di dolore che porta alla luce l’aspetto più propriamente femminile di Frida Khalo, attraverso simbolismi che richiamano la sua radice multiculturale ed etnica, andando oltre la narrazione biografica e facendo emergere l’anima di Frida donna, messicana, pittrice e rivoluzionaria. Animata dal fuoco dell’amore per Diego, per le donne, per l’arte, per le radici della propria terra, per la sua stessa vita, vissuta voracemente nonostante la fragilità della sua condizione fisica. Frida si mette a nudo, ripercorre l’esistenza travagliata, trascorsa in bilico tra vita e morte. Ormai stanca ed annientata dalla sofferenza, si prepara ad affrontare il suo ultimo viaggio, lasciandosi trasportare in un’atmosfera onirica, nella quale proietta immagini e ricordi. E’ la Pelona, la morte, ad assistere Frida in questo lento abbandono, che la libera dalla gabbia di un corpo deteriorato e le restituisce la vita, come opera d’arte, attraverso la creazione del mito. È in Chavela Vargas, espressione di sensualità e trasgressione, che Frida trova sollievo dal tormento interiore, attraverso momenti di serenità e di intimità. Simbolo della rivoluzione culturale di quel tempo, Chavela canta Frida e per Frida, canta il Messico di quegli anni, in cui il movimento culturale femminile ha fatto sì che l’arte stessa fosse rivoluzione, dandole un nuovo volto, rivendicando l’appartenenza e l’identità del passato.
Tre donne in scena, per un canto alla vita, un urlo di amore e di libertà.
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