“Il caso dell’ultrà del Napoli sembra configurare a tutti gli effetti un’ipotesi di omicidio volontario, con un elemento psicologico doloso, quindi, commesso con coscienza e volontà. Cioè l’ultras ha usato la vettura, in tutti i sensi, come un’arma atta a uccidere il tifoso della squadra avversaria. Discorso ben diverso è l’omicidio stradale”. Così l’avvocato Piergiorgio Assumma, presidente dell’Osservatorio nazionale per le vittime di omicidio stradale, Onvos, commenta l’iscrizione di un tifoso napoletano nel registro degli indagati per omicidio volontario, per la morte di Daniele Belardinelli, avvenuta nel corso degli scontri di Santo Stefano prima della partita Inter-Napoli. “Nel caso dell’omicidio stradale – spiega Assumma – l’investitore non ha alcuna volontà di investire o uccidere qualcuno, ma per imprudenza, priva di un elemento psicologico di volontarietà, crea l’incidente e la conseguente morte della vittima. Pensiamo addirittura che chi ha commesso un omicidio stradale, in stato di ebbrezza o da alterazione da sostanze stupefacenti, non voleva uccidere, ma ha sopravvalutato le sue capacità e ha sottovalutato il rischio di incidente”. Il caso del tifoso morto a Santo Stefano, sottolinea l’esperto, è diverso: “Allo stato dei fatti, sembrerebbe che non ci siano dubbi in merito all’ipotesi di omicidio volontario. L’ipotesi più accreditabile, quindi, sarebbe questa. Ciò, però, non esclude che, nel caso di rilievi tecnici successivi, già posti in essere dalla procura, come riportato dagli organi di stampa, non emergano elementi in grado di dimostrare che si tratti di un incidente e che l’ultras del Napoli non avesse intenzione di investire il tifoso rivale”.
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