” .. Questi quando scendono … portano la morte sulle spalle .. credimi .. è finita .. “. Si esprimeva così il boss di Marigliano, Luigi Esposito o’ Sciamarro nel novembre del 2015 parlando con un suo fedelissimo di Michele Minichini, o’ tigre, figlio del boss detenuto Ciro. I due commentavano l’omicidio di Vincenzo De Bernardo detto pisiello, uomo del clan Mazzarella ucciso a Somma Vesuviana l’11 novembre del 2015. Per quell’omicidio oggi i carabinieri di Castello di Cisterna grazie alle dichiarazioni di alcuni pentiti e a numerose intercettazioni ambientali e telefoniche hanno notificato 6 ordinanze cautelare ad altrettanti esponenti del clan Rinaldi del rione Villa di san Giovanni a Teduccio. Il boss Ciro Rinaldi detto mauè continua la sua latitanza e nelle 176 pagine del provvedimento firmato dal gip Egle Pilla viene indicato come il mandante di quell’omicidio e fornitore delle armi. Con lo stesso ruolo (ovvero di mandante) Luigi Esposito o’ sciamarro che partecipò anche alla fase esecutiva dell’agguato, così come Luisa De Stefano, 49 anni, detta Luisa a pazzignara, moglie del boss detenuto Roberto Schisa, e che è a capo del gruppo che controlla il traffico di stupefacenti nel rione Pazzigno insieme con la nipote Enzina Maione pure lei raggiunta dall’ordinanza cautelare perchè avrebbe dato il segnale delle presenza di De Bernardo al killer Michele Minichini che fece materialmente fuoco contro la vittima mentre era in auto con il cognato Salvatore Grimaldi in attesa delle rispettive mogli che erano in un supermercato vicino a fare la spesa. Con lui secondo i pentiti c’erano anche due esponenti di spicco dell’ex paranza dei Bimbi che non risultano indagati in questa inchiesta. Il provvedimento cautelare ha colpito anche il 33enne Stefano Gallo residente a Scisciano, uomo di fiducia del boss Luigi Esposito o’ sciamarro che si occupò di nascondere le armi utilizzate per l’agguato (armi che poi furono sequestrate dalle forze dell’ordine prima che venissero riprese). Indagato invece Mauro Marino (arrestato nel luglio scorso e subito diventato collaboratore di giustizia) uno dei cinque pentiti che hanno contribuito a fare luce sull’agguato e sugli scenari criminali tra la zona est di Napoli e i paesi vesuviani confinanti. Il boss Rinaldi, Luisa De Stefano, Enzina Maione, e Michele Minichini erano già stati colpiti da un precedente ordinanza: il primo quale mandante, le due donne quali organizzatrici e complici e Minichini sempre come esecutore materiale del clamoroso agguato compiuto il 17 giugno del 2016 in un circolo privato al Lotto 0 di Ponticelli dove trovarono la morte il boss Raffaele “Ultimo” Cepparuolo uomo dei Barbudos del rione Sanità e l’innocente Ciro Colonna.
Dall’inchiesta emerge che il clan Rinaldi era a capo di un cartello criminale composto da alcuni gruppi camorristici, uno capeggiato anche Luisa De Stefano, ritenuta vertice del cosiddetto clan delle “pazzignane”. Dell’alleanza faceva parte anche il gruppo di Luigi Esposito o’ sciamarro (a capo dei cosiddetti “paesani”), il quale intendeva evitare che i Mazzarella giungessero fino alla “sua” Marigliano. L’obiettivo dell’alleanza, oltre che essere finalizzato a fare affari, soprattutto con la droga, era cercare di fronteggiare le mire espansionistiche del clan rivale dei Mazzarella, che aveva intenzione di allungare le mani sui comuni della cintura vesuviana e sulla zona di Nola. L’omicidio di Vincenzo De Bernardo, avvenuto l’11 novembre del 2015, secondo quanto emerso dall’attivita’ investigativa dei carabinieri di Napoli – coordinati dalla Procura partenopea – venne messo in pratica per vendicare l’uccisione di colui che era ritenuto il capo della cosiddetta “paranza dei bambini”, il baby boss Emanuele Sibillo. A quell’agguato aveva preso parte il giovanissimo Roberto De Bernardo nipote di ‘Pisiello’ che dopo l’omicidio trovò riparo prpiro a Marigliano a casa dello zio per sfuggire alla vendetta dei Sibillo.Il cartello capeggiato dal clan Rinaldi, di cui facevano parte questi gruppi, si sciolse una volta ottenuto l’obiettivo. Nel corso delle perquisizioni i militari hanno anche recuperato e sequestrato cinque pistole, tra cui una potente pistola-mitraglietta, un giubbotto antiproiettile e un cospicuo quantitativo di hashish. Il secondo episodio criminale sui cui si e’ concentrata l’attivita’ degli investigatori riguarda il tentato omicidio di Antonio Amato, scattato il 7 settembre del 2017, perché sospettato di aver preso parte all’assassinio di Vincenzo De Bernardo con il ruolo di “specchiettista”. All’agguato fallito contro Amato prese parte anche il nipote della vittima. Per questo episodio sono finiti in carcere Roberto De Bernardo, 29enne figlio del boss ucciso Vincenzo o’ pisiello, in qualità di mandante e Daniele Baselice di 28 anni ed Enrico Mirra di 22 esecutori materiali del tentato delitto. Erroneamente Amato era ritenuto coinvolto nell’omicidio De Bernardo. L’azione fu eseguita nello stesso complesso di edilizia popolare. La vittima fu intercettata dai sicari mentre parcheggiava la propria auto in compagnia del figlio di tre anni. Dopo l’esplosione dei primi colpi d’arma da fuoco, riusci’ a salvarsi rifugiandosi dietro alcuni veicoli in sosta riportando solo una ferita a una gamba.
La ‘guerra’ tra i clan Rinaldi e Mazzarella che ancora oggi crea fibrillazioni in una larga parte di Napoli e’ nata nel 2015. A ricostruire le origini di una contrapposizione armata con agguati, omicidi e ‘stese’,l’indagine dei carabinieri su che ha portato a due misure di custodia cautelare in carcere emesse dal gip di Napoli, Egle Pilla a carico di 9 indagati ritenuti affiliati ai due gruppi di camorra attivi nella zona Orientale di Napoli e in provincia. Nel 2015, l’area compresa tra Somma Vesuviana e Marigliano era contraddistinta da un acceso antagonismo tra alleati dei Mazzarella e un gruppo locale, chiamato dei Paesani, legato ai Rinaldi. E’ lo scenario nel quale viene pianificato ed eseguito da sei degli indagati l’omicidio di Vincenzo De Bernardo, detto o’pisell, esponente di spicco dei Mazzarella, che dopo un periodo di detenzione, tornato in liberta’ l, si era trasferito a Somma Vesuviana con l’intenzione di assumere il controllo del territorio.Il suo nome era nella lista della morte. Doveva essere ucciso perche’ l’omicidio di Emanuele Sibillo, boss della paranza dei bambini di Forcella, ucciso a tradimento il 2 luglio del 2015 dal gruppo Buonerba, in buoni rapporti con i Mazzarella, reclamava vendetta. Prima ancora che i pm arrestassero mandanti ed esecutori, il 11 novembre di tre anni fa a Somma, nel.parco Fiordaliso, a 20 chilometri dal centro di Napoli dove il baby boss era stato finito, cadde vittima di agguato De Bernardo, zio di Roberto, sicario di Emanuele Sibillo, che aveva anche ospitato suo nipote dopo l’agguato mortale. Ciro Rinaldi, boss di San Giovanni a Teduccio, nemico storico dei Mazzarella e legato ai Sibillo per il controllo del centro di Napoli, decreto’ quella morte e con l’appoggio dei gruppo Minichini e in particolare di Luisa De Stefano, ‘la pazzignana’ e di Luigi Esposito, del gruppo Paesano della zona di Marigliano. A proprosito di Michele Minichini, il neo pentito Mauro Marino nel corso di un recente interrogatorio datato ottobre 2018 lo definisce: “un tumore, perche’, quando ti viene addosso non hai scampo”. Il boss Rinaldi e’ latitante ed e’ secondo la procura tra i ricercati piu’ pericolosi e piu’ influenti sui quali si stanno concentrando gli sforzi investigativi di questi mesi.
(nella foto da sinistra Emanuele Sibillo, Vincenzo De Bernardo, Michele Minichini. Luigi Esposito)
Articolo pubblicato il giorno 15 Gennaio 2019 - 21:16 / di Cronache della Campania