Cronaca Giudiziaria

Processo Aliberti, ‘scintille’ e lacrime in aula: la difesa inveisce contro la giornalista

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Scafati. Scintille e lacrime in aula, oggi al processo nei confronti del sindaco Pasquale Aliberti e i suoi coimputati accusati di scambio di voto politico-mafioso con il clan Ridosso-Loreto che si sta celebrando dinanzi ai giudici del Tribunale di Nocera Inferiore. Ultima udienza per controesaminare uno dei teste chiave del processo, il capitano della Dia Fausto Iannaccone, poi in aula ha testimoniato la giornalista Valeria Cozzolino, costituitasi parte civile contro l’ex sindaco di Scafati e il fratello Nello Maurizio per le minacce ricevute nei mesi antecedenti la campagna elettorale del 2013 quando lavorava per il quotidiano Metropolis, chiamata a testimoniare dalla pubblica accusa. Un’udienza ‘complicata’ e tesa, in cui non sono mancati i toni accesi e le domande – spesso provocatorie – della difesa di Aliberti nei confronti dei due testimoni, e culminata con la richiesta di trasmissione del verbale di udienza all’ufficio del pubblico ministero della Dda, Vincenzo Montemurro, per valutare l’accusa di calunnia nei confronti dell’avvocato Silverio Sica, difensore di Angelo Pasqualino Aliberti, che ha fatto illazioni sulla veridicità delle dichiarazioni di Valeria Cozzolino. E’ il secondo episodio dall’inizio del processo dinanzi ai giudici del Tribunale di Nocera Inferiore.
Alla fine dell’udienza non sono passate inosservate le lacrime di sfogo dell’ex primo cittadino abbracciato alla mamma, Rosaria Matrone, presente tra il pubblico, insieme al marito.
L’udienza di stamane è iniziata con il controesame dei legali di Nello Maurizio Aliberti del capitano Iannaccone. La difesa ha puntato molto su alcune questioni della gestione del Comune – amministrato all’epoca dal fratello Pasquale – in cui Nello Maurizio avrebbe avuto una forte ingerenza. A partire dai rapporti telefonici – emersi dai tabulati – con Luigi Ridosso, il giovane rampollo dell’omonimo clan. La difesa ha più volte insistito su questa questione, facendo intendere che le numerosissime telefonate – il cui contenuto non è conoscibile – fossero dovute ad un incidente sul lavoro nel quale era rimasto vittima un dipendente della ditta di pulizie dei Loreto-Ridosso, nella fabbrica conserviera di Nello Longobardi dove i fratelli Aliberti curavano la sicurezza sul lavoro. Le domande volte a far emergere particolari non documentabili né da parte della difesa né dell’accusa sono rimaste nel limbo dell’incognita. Il testimone Iannaccone ha più volte rimarcato il dato storico e oggettivo delle indagini, non essendo – all’epoca – in corso alcun tipo di intercettazione telefonica, ma avendo la Dia solo acquisito i tabulati telefonici dei contatti del fratello del sindaco e del noto pregiudicato. Nel corso dell’udienza la difesa ha anche provato a far passare come ‘datata’ e non determinante un altro dato oggettivo emerso prima dell’avvio delle indagini e acquisito dagli inquirenti nell’inchiesta Sarastra: un controllo dei carabinieri di Scafati che aveva evidenziato i rapporti di conoscenza e di frequentazione tra Nello Maurizio Aliberti e il figlio di Francesco Sorrentino, ‘o campagnolo, esponente dell’omonimo clan, poi morto in circostanze violente. I difensori di Nello Aliberti hanno cercato di contrastare questo dato con il fatto che Aliberti aveva acquisito al patrimonio del Comune un bene confiscato proprio alla famiglia Sorrentino. Pronta è stata la risposta del capitano Iannaccone: “Il bene fu acquisito al patrimonio comunale – ha ricordato il teste – ma fino all’insediamento della commissione prefettizia straordinaria non è stato mai destinato agli scopi sociali per i quali fu confiscato alla camorra”. Questo dei beni confiscati alla criminalità organizzata è uno dei tanti buchi neri dell’amministrazione Aliberti. Non sono mancati, nel corso del contro esame, gli accenni alla vita personale e privata di Nello Maurizio Aliberti come il suo matrimonio con la figlia di Ninuccio Galasso e nipote dell’ex boss, ora pentito Pasquale, finito poi con una separazione. Tra i dati sollecitati dalla difesa anche l’attenzione su questo punto, riportato dal teste come ricostruzione del passato storico dell’imputato Nello Maurizio Aliberti.

Tra le domande anche quella relativa all’incarico, affidato all’architetto Michele Nocera, casertano doc, per seguire il progetto di pavimentazione e marciapiedi di una strada di Scafati. Nocera è stato poi arrestato per la sua vicinanza e contiguità con il clan dei Casalesi e per aver progettato il bunker dove si è nascosto per anni Michele Zagaria. Secondo quanto ha riferito il teste, rispondendo alle domande della difesa, proprio con la gestione dell’opera da parte di Nocera il costo lievitò di almeno 200mila euro.
Alla fine del contro esame il pm Montemurro ha chiesto al capitano Iannaccone di ricostruire gli illeciti avvenuti sia al piano di zona che nella pseduto-partecipata del comune Scafati Solidale con la gestione della dirigente Maddalena Di Somma, la dirigente, indagata per turbativa d’asta, per aver favorito una coop al Piano di Zona e per aver affidato alla Ada, l’associazione dell’ex consigliere-assessore Diego Chirico e della moglie a Scafati Solidale, un incarico prima che l’ente fosse iscritto all’albo delle associazioni del Comune di Scafati.

Alla fine della testimonianza, Angelo Pasqualino Aliberti, ha chiesto di rendere dichiarazioni spontanee, ha provato a riportare la sua versione su alcune questioni come Copmes e Scafati Sviluppo.
Lucida e puntuale la ricostruzione di un episodio che ebbe molto clamore mediatico fatto in aula dall’altra teste dell’accusa, da Valeria Cozzolino. La giornalista fu aggredita verbalmente e minacciata di morte dinanzi ad un edicola dal fratello dell’allora sindaco Aliberti, Nello Maurizio, e da Gennaro Ridosso – uno dei capi del clan Loreto-Ridosso – per alcuni articoli apparsi sul quotidiano nel corso dei mesi antecedenti alla campagna elettorale del 2013.
La giornalista ha risposto alle domande del pm e dei difensori, proprio nel corso del contro esame dell’avvocato Silverio Sica che ha sostenuto ‘platealmente’ che la teste stava mentendo, è scattata la reazione della pubblica accusa che ha chiesto la trasmissione degli atti al proprio ufficio.
La difesa ha provato a scalfire la testimonianza della giornalista sull’episodio che all’epoca generò anche la dura reazione dell’ordine dei giornalisti della Campania, con un comunicato di solidarietà alla cronista di Metropolis e ai suoi colleghi della redazione per gli attacchi provenienti dall’amministrazione comunale di Scafati e dai suoi familiari. Il fratello dell’allora sindaco, inveì contro Valeria Cozzolino, minacciandola, contornato dai suoi supporter, tra i quali Ridosso che strapparono le locandine dagli strilloni di un’edicola di via Alcide De Gasperi. La difesa di Aliberti ha punzecchiato prima la testimone sulle sue idee politiche, ipotizzando un contrasto con l’imputato per motivi politici, poi ha iniziato l’opera di delegittimazione della teste che invece rispondeva puntualmente ad ogni domanda, finché su una circostanza l’avvocato Sica ha esclamato in udienza, dinanzi ai giudici: ‘la testimone sta mentendo’. Una reazione spropositata che non è passata inosservata, innescando, un botta e risposta tra il difensore e il pm in udienza il quale ha chiesto la trasmissione degli atti al proprio ufficio, mentre l’avvocato Silverio Sica si allontanava dall’aula lasciando al collega Giuseppe Pepe la conclusione del controesame della teste. Valeria Cozzolino ha confermato quanto denunciato dinanzi agli uomini della Dia, nel corso delle indagini. Una denuncia che è costata ai due fratelli Aliberti, l’ex sindaco come mandante, e al pregiudicato Gennaro Ridosso l’accusa di minacce con l’aggravante mafiosa. Ed ha fatto i nomi di alcuni colleghi di redazione che quel giorno e per quella circostanza furono messi a conoscenza di quanto accaduto, tra questi il direttore di Metropolis dell’epoca, Giuseppe Del Gaudio e Rosaria Federico che sarà uno dei prossimi testi in aula. Nel controesame i difensori di Nello Maurizio Aliberti hanno, invece, rispolverato alcuni post su Facebook e un messaggio con l’invio di una foto, da parte della giornalista, che ritraeva il papà dell’ex sindaco. Alla fine dell’udienza, l’ex sindaco si è avvicinato alla mamma e ha cominciato a piangere scatenando la reazione della donna.
La prossima udienza è fissata per il 23 gennaio prossimo, per quell’occasione, il pubblico ministero ha annunciato la citazione della giornalista Rosaria Federico.

Renato Pagano


Articolo pubblicato il giorno 14 Gennaio 2019 - 23:44

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