Al via domenica 13 dicembre la nona edizione di ATELIERspazioperformativo, danza e teatro, a cura di Artestudio (Loredana Mutalipassi) e Teatro Grimaldello (Antonio Grimaldi), in collaborazione con il Teatro Nuovo. La rassegna domenicale – quattro appuntamenti dal 13 gennaio a 24 marzo cui si aggiunge il seminario Horton Experience – come di consueto dedica una parte importante alla formazione di livello internazionale, ed è dedicata a danzatori, attori e studenti come spazio alternativo, ma non esclusivo, all’interno del quale approcciare o approfondire l’arte performativa legata alla riscoperta del corpo dell’attore da parte del teatro novecentesco. ATELIERspazioperformativo inizia al Teatro Nuovo di Salerno in Via Laspro, domenica 13 dicembre con lo spettacolo dell’Osservatorio Palestina “Pane – Storia d’amore in tempo di guerra” di Luisa Guarro; a seguire domenica 24 febbraio, la compagnia DE.CO.VO. con “Caro fratello”, di Marco Ziello, coreografie di Olga Ziello. Doppio appuntamento a marzo: domenica 17 con Teatro Grimaldello con “Le porte del rigurgito” di Antonio Grimaldi; domenica 24 la compagnia Un altro teatro con “Un anno dopo” di Tony Laudadio, per la regia di A. Renzi. Nel mese di aprile, dal 17 al 20, si terrà presso il Liceo Coreutico Alfano I di Salerno il seminario internazionale Horton Experience con un team tutto americano composto da Milton Myers, Max Luna III, Caterina Rago e Massimiliano Scardacchi; maestri accompagnatori Paula Jeanine Bennet e Ruggiero Botta. La pièce “Pane” scritta e diretta da Luisa Guarro, che dà il via alla rassegna, è liberamente ispirata al racconto “Il Pane” di Samira Azzam e vede sul palco Marilia Marciello, Alessio Sica e Omar Suleiman; disegno luci Paco Summonte. E’ una storia d’amore nata durante la breve guerra di resistenza civile dei palestinesi (1947). Protagonisti una infermiera volontaria e un improvvisato soldato, impegnati in azioni necessarie, rese urgenti dal pericolo di morte, che incombe tutt’intorno e nel contempo presi, miracolosamente, dalla bellezza e delicatezza, che ciascuno riconosce nell’altro, nonostante il freddo, le esplosioni, la paura e la rabbia. La guerra separa i due innamorati e accade, un giorno, che la bella infermiera si faccia carico di portare pane ai soldati in trincea, da giorni privi di provviste. Scrive la Guarro: “Mangiare o non mangiare il pane insanguinato, con il quale ogni giorno apparecchiamo le nostre tavole? Questa domanda, dibattuta da sempre, rimanda, nel racconto originale, al concetto religioso dell’Eucarestia. Nel mio adattamento teatrale, accolgo la questione e alla risposta etico-spirituale di Samira Azzam sostituisco una risposta materiale e meccanica, nel tentativo di far assurgere ad evento sacro un fenomeno materiale, quale è la soddisfazione della fame come diritto e dovere storico politico: il dovere di ricordare, il diritto dovere di preservare la propria coscienza e la propria memoria, di non permettere alla fame di ottundere la mente, il diritto di morire con dignità umana. Samira Azzam giornalista e autrice, nata nel 1927 ad ‘Akka, nella Palestina sotto mandato degli inglesi, nel giugno del 1967, mossa dalla speranza e dall’amore, parte dal Libano, dov’era stata deportata con la sua famiglia nel ’47, e tenta di arrivare a Gerusalemme, per documentare la guerra dei 6 giorni. Lungo il difficile percorso Samira muore”.
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