Quando decise di fare il boss, avevano da poco arrestato tutti i vertici del clan De Micco del quartiere di Napoli di Ponticelli. Era la prima settimana di novembre nel 2017, e Michele Minichini si tatuo’ sul capo un tigre, il suo cognome e tre proiettili. Cosi’ ha iniziato a girare per il quartiere e con altre cinque persone a fare fuoco contro le case dei nemici. Sono state le immagini delle telecamere a incastrarlo, visto che era l’unico senza passamontagna la notte del 12 dicembre 2017. Questa mattina la Squadra mobile partenopea lo ha arrestato con il fratello Alfredo e con Gennaro Aprea detto “‘o nonno”, boss di Barra. Con loro altre sei ragazzi tutti ritenuti componenti del commando che ha messo a segno una ‘stesa’ (raid armato con spari in aria, ndr.) a Ponticelli e poi di essere entrati in un bar di Porta Nolana armati di pistole il 13 gennaio scorso. Si tratta di Fabio Oliviero, Luigi De Martino, Kevin Suriano, Giovanni De Turris e Ciro Cerrato. Michele e’ il figlio di Ciro, boss ergastolano soprannominato “‘o cartone” e gia’ da tempo e’ considerato il nuovo capoclan della zona Est del capoluogo campano. Scelta dettata dalla necessita’ dei Rinaldi di avere alleati sul territorio. Questa l’ipotesi avanzata dalla polizia e supportata da attivita’ investigative della Dda di Napoli che hanno dimostrato lo stretto collegamento tra le cosche Minichini, Aprea, De Luca Bossa e Rinaldi con un solo obiettivo, eliminare i Mazzarella che invece nel quartiere orientale di San Giovanni a Teduccio dominano. E strettamente collegata alla faida in atto anche al centro storico, e’ la bomba che il 22 dicembre 2017 uccise Antonio Perna, uomo dei Rinaldi, mandato a piazzare l’ordigno davanti casa di un uomo legato ai Mazzarella. Con lui c’era Monica Veneruso, la sua compagna, arrestata oggi dopo indagini dei carabinieri per omicidio colposo.
Articolo pubblicato il giorno 24 Gennaio 2019 - 22:55