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Mafia, nella nuova Cupola comandava di nuovo Palermo: gli alias dei nuovi boss

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Brancaccio, regno incontrastato dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, nelle mire del rampollo di Ciaculli, Leandro Greco, nipote di Michele Greco, detto il ‘papa’. Il giovane boss, che ama farsi chiamare come il nonno, arrestato stanotte dai carabinieri su mandato della Dda di Palermo, aveva l’ambizione di “governare” in Cosa nostra, e stava provando a mettere in atto un progetto “oligarchico e palermocentrico” – a dirla con i magistrati – che passava dal tentativo di annettere sotto il suo controllo il mandamento di Villabate. Ma e’ riuscito – ora che Toto’ Riina e’ morto e i corleonesi (come i Graviano) sono “in disgrazia” – a spostare il centro del mandamento: da Brancaccio, appunto, a Ciaculli. Scrivono i magistrati: “Le intercettazioni delle conversazioni intercorse nel carcere di Parma tra Giuseppe Di Giacomo, neo reggente del mandamento di Porta Nuova e il fratello ergastolano Giovanni, si dimostrano di straordinaria importanza anche con riguardo alle dinamiche del mandamento di Brancaccio… Giuseppe Di Giacomo, nel corso di alcuni colloqui intercettati dal mese di ottobre 2013, forniscono un quadro molto chiaro dei dinamismi interni all’importante mandamento di Brancaccio, il quale, in quel periodo, stava vivendo lo spostamento del proprio baricentro verso la famiglia di Ciaculli retta da Leandro Greco, nipote di Nunzio Milano (e di Michele Greco)”. Ma il rampollo di Ciaculli nel tessere la sua tela ha incontrato anche un altro personaggio di spicco per la sua origine familiare. Si tratta di Calogero Lo Piccolo, figlio di Salvatore e fratello di Sandro, boss di San Lorenzo-Tommaso Natale, in carcere al 41 bis, da due lustri. L’incontro avviene il 14 giugno 2018, a pochi giorni dalla riunione del 29 maggio, nella borgata marinara di Sferracavallo.  Finiti i tempi di “Toto’ u curtu” e “Binnu u tratturi”, soprannomi che rimandano ai padrini corleonesi. Le intercettazioni del secondo ste dell’operazione Cupola 2.0″, tra i fratelli Di Giacomo (Giuseppe e Giovanni) regalano anche uno spaccato semi serio delle ‘inciurie’ (soprannomi) con cui i mafiosi si chiamano e si riconoscono. Ecco alcuni dei principali boss e i relativi psedonimi, alcuni veramente coloriti, cosi’ come vengono riportati nel provvedimento emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo: Alessandro D’Ambrogio, alias Carlo e/o Giufa’; Onofrio Lipari, alias Nene’; Antonino Scimone, alias Cassata; Francesco Scimone, alias figlio del Cassata; Antonino Ciresi, alias Burraccia e Burraccione; Francesco Paolo Desio, alias Ciccio Bubbu’; Salvatore Sorrentino, alias Studente; Giovanni Di Salvo, alias Stampella; Nunzio Milano, alias Vaviettu; Salvatore Gioeli, alias Mussolini – Musso – Lina; Vittorio Emanuele Lipari, alias Mastrovito; Giuseppe Dainotti, alias Mago di Magonza.

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Davanti a un tavolo imbandito di dolci, il 29 maggio scorso, i vertici della Mafia palermitana decisero di tornare al passato, il passato delle regole, dell’ordine, del rispetto di ruoli e gerarchie. Il passato della Cupola, l’unica struttura di Cosa nostra deputata a nominare i capi e a dirimere le controversie nate tra i clan che aveva smesso di riunirsi ormai dalla cattura del capo dei capi, Toto’ Riina. Un ritorno all’antico voluto paradossalmente da un giovanissimo padrino: Leandro Greco, nipote del ‘papa’ di Cosa nostra, il capomafia di Ciaculli che, da dietro le sbarre dell’Ucciardone, auguro’ minaccioso la serenita’ ai giudici che stavano per decidere le sorti del maxi processo. Leandro Greco, classe ’90, capomandamento e’ diventato a 23 anni: un record assoluto per Cosa nostra che si spiega col cognome illustre del rampollo e con la sua autorevolezza. Greco, che si faceva chiamare Michele come il nonno, e’ stato fermato oggi insieme ad altre 6 persone accusate di Mafia ed estorsione. E’ il secondo capitolo dell’inchiesta sulla ricostituzione della Commissione provinciale che a dicembre scorso ha portato in carcere 47 tra boss, gregari ed estortori. A scriverlo sono stati i magistrati della Dda di Palermo, i carabinieri e la polizia con l’aiuto di due nuovi pentiti: Francesco Colletti, capomafia di Villabate, e Filippo Bisconti, boss di Misilmeri che a meno di un mese dall’arresto hanno saltato il fosso confermando i sospetti sulla rinata Commissione e dando agli inquirenti i nomi dei due padrini sfuggiti alla prima inchiesta. I due pentiti hanno indicato in Greco, capomandamento di Ciaculli, e in Calogero Lo Piccolo, figlio del boss ergastolano di San Lorenzo Salvatore, gli altri boss deputati a sedere in Commissione completando cosi’ il puzzle della struttura della nuova Cupola. Gli altri componenti, gia’ fermati a dicembre, sarebbero Settimo Mineo della famiglia di Pagliarelli e Gregorio di Giovanni, boss di Portanuova. “Dovevamo fare successivamente una riunione ogni due mesi, un mese si’ e un mese no – racconta Colletti ai pm parlando di una sorta di calendario dei summit – innanzitutto per conoscerci tutti quanti”. “Michele Greco prendeva spesso parola dicendo che dobbiamo fare le cose serie, dobbiamo organizzarci in modo che solo noi che ci riuniamo e ci riuniremo dobbiamo sapere le cose. Queste erano le regole principali se qualcuno fa una cosa senza l’autorizzazione del suo capo mandamento puo’ essere messo fuori”, racconta il pentito. Greco, descritto come un ragazzino col cervello di un vecchio (“e’ molto giovane ma il cervello ce l’ha”, dice il pentito) presto avrebbe tentato di affermare l’egemonia dei clan palermitani a discapito delle famiglie dei paesi tentando di imporre una visione palermocentrica, spiegano i pm, che non sarebbe piaciuta ne’ a Colletti ne’ a Bisconti. Questi a una riunione non si sarebbe neppure presentato. Nel provvedimento di fermo i magistrati parlano delle ambizioni espansionistiche manifestate da Greco che avrebbe cercato di imporsi come “supervisore” dei mandamenti di provincia. Un atteggiamento che neppure il boss Gregorio Di Giovanni, parente del giovane rampollo, sarebbe riuscito a giustificare. L’inchiesta, oltre a confermare le dinamiche della nuova Commissione, ha svelato alcune estorsioni e il tentativo di uno degli arrestati di imporsi come unico rivenditore di pesce nei ristoranti di Mondello, frazione balneare di Palermo. Anche il taglieggiatore e’ finito in manette oggi. I boss, dicono gli inquirenti, saputo del pentimento di Colletti avevano le valigie pronte per la fuga.


Articolo pubblicato il giorno 22 Gennaio 2019 - 22:46


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