“Sulla questione morale in magistratura abbiamo reagito e lo abbiamo fatto bene ogni volta che si e’ reso necessario”. E’ Vincenzo Ranieri, presidente dell’Associazione nazionale dei magistrati del Distretto di Napoli della nuova Giunta. “Noi abbiamo gli anticorpi e gli strumenti di verifica sono molto funzionali e adeguati. Non abbiamo mai avuto problemi a fare autocritica e stigmatizzare condotte penali o eticamente scorrette. Se capita abbiamo dimostrato che magistratura sa sanzionare sia dal punto di vista disciplinare che penale”, aggiunge. Per Marco Carbone, “la presa di distanza e la denuncia interna di comportamenti scorretti o penalmente rilevanti e’ sempre avvenuta puntualmente. Quindi possiamo dire che quando chiediamo tutele siamo maggiormente legittimati a farlo anche per questa ragione”. La questione morale sta a cuore a tutti, dice Livia De Gennaro: “Noi denunciamo le situazione violate ma non mi pare che nel Distretto ci sia un allarme sulla questione morale”. Altro argomento delicato riguarda i rapporti tra politica e corrotti, riferendosi anche all’intervento del procuratore generale Luigi Riello quando parla dei rapporti tra i ceti professionali, gli imprenditori e la criminalita’ organizzata. “Ritengo che la responsabilita’ politica deve prescindere dagli accertamenti giudiziari. I comportamenti quando emergono vanno valutati anche dal punto di vista politico, dagli stessi organi, come succede a noi magistrati quando qualcuno commette qualche illecito. C’e’ una riflessione interna”, dice Luigi Buono. Anche perche’, come spiega Ranieri, il “difficile rapporto politica giustizia e’ sicuramente frutto di incompatibilita’ cronologica dei tempi”. Per accertare la responsabilita’ giudiziaria si aspettano i tre gradi di giudizio ma il cittadini invece deve sapere subito se si puo’ fidare o meno di un politico. “I tempi della giustizia non sono certo i tempi della politica, quindi e’ giusto come dice anche Riello che si trovino delle soluzioni all’interno”, spiega. La prescrizione: un processo su tre in corte d’Appello viene cancellato. “Non c’e’ un adeguato intervento politico sulle risorse da destinare alla giustizia”, dice Buono. Gli fa eco Marco Carbone: “Sentire che il 32 % delle sentenze emesse vengono dichiarate prescritte ci fa capire che la macchina penale non funziona. Pensare che la magistratura sia autosufficiente per fronteggiare ogni emergenza della giustizia e’ sbagliato”. Cosa fare? Innanzitutto depenalizzare alcuni reati “rispetto ai quali e’ inutile fare un reato”. Per Marcello De Chiara il problema e’ la giustizia non e’ attrezzata per fronteggiare le sfide della modernita’ dei fenomeni criminali sempre piu’ evoluti. “Abbiamo sistemi ottocenteschi per notificazioni, dobbiamo cercare i destinatari degli atti a uno a uno. Sistemi inadeguati per combattere la criminalita’ che progredisce piu’ velocemente rispetto a noi”, ragiona. Per Ida Ponticelli bisogna anche investire nella formazione: “Scontiamo anche il deficit formativo del personale amministrativo. Oltre a intervenire sulle piante organiche bisogna formare il personale che ha poca dimestichezza con la modernità”.
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