Giugliano. Disastro ambientale per la discarica ex Resit di Giugliano: la Corte d’Appello di Napoli ha emesso la sentenza di secondo grado. Assolto Giulio Facchi, l’ex subcommissario ai rifiuti in Campania, che era stato ritenuto in primo grado tra i responsabili del disastro ambientale e condannato a 5 anni e 6 mesi di reclusione. Nella Resit per decenni, anche durante il periodo dell’emergenza rifiuti dei primi anni 2000, sono stati sversati rifiuti tossici senza alcun controllo anche per i traffici dei Casalesi. Diminuita la pena per l’imprenditore Cipriano Chianese, condannato a 18 anni, rispetto ai 20 inflitti in primo grado per disastro ambientale e associazione a delinquere di stampo mafioso. Era lui il ‘proprietario’ della discarica e lui, secondo i pentiti del clan, a gestire e volere gli sversamenti illegali per conto della cosca. Anche Gaetano Cerci, imprenditore dei rifiuti, ritenuti uno dei più attivi nel settore delle ecomafie per conto del clan dei Casalesi, in particolare della famiglia Bidognetti, è stato condannato – a 15 anni di reclusione – dalla Corte d’Appello di Napoli (presidente Roberta Vescia); condannato a dieci anni (in primo grado gli erano stati inflitti 12 anni) Remo Alfani, mentre sono stati assolti gli altri funzionari pubblici coinvolti nell’inchiesta. Oltre a Facchi sono stati assolti anche tre imprenditori di origini casertane Generoso, Raffaele ed Elio Roma, a cui in primo grado, vennero inflitti rispettivamente, 5 anni e mezzo ai primi due e sei all’ultimo. Il processo d’appello, iniziato nel 2016, si è protratto più del previsto perchè il presidente del collegio giudicante Domenico Zeuli chiese una nuova perizia per accertare se fossero effettivamente inquinati i suoli sottostanti alla maxi-discarica Resit ubicata a cavallo tra le province di Caserta e Napoli, in piena Terra dei Fuochi. Zeuli voleva una parola chiara e definitiva sulla questione centrale del processo, dopo che in primo grado Dda e difese degli imputati si erano sfidati a colpi di consulenze tecniche che erano giunte a conclusioni differenti. La perizia, firmata dai professionisti torinesi Silvia Bonapersona (ingegnere ambientale), Cesare Rampi (chimico) e Stefano Davide Murgese (geologo ambientale), fu depositata il primo marzo 2017, e confermò che la contaminazione del suolo sottostante è ancora in atto, visto che “le acque meteoriche – si legge nel documento – continuano ad infiltrarsi nel corpo delle discariche generando un percolato che continua a compromettere la qualità dell’acqua di falda”. Poco dopo Zeuli lasciò la guida del collegio, facendo slittare alcune udienze. Il collegio in nuova composizione, presieduto da Vescia, ha riconosciuto alla fine come unico responsabile il gestore del sito, Cipriano Chianese, condannato per disastro ambientale e associazione camorristica, assolvendo gli imprenditori del clan che si occuparono del traffico di rifiuti verso la discarica e i funzionari di vario livello, prima fra tutti Facchi, che firmarono le ordinanze le quali, ad intervalli temporali quasi regolari, riaprirono la discarica, facendone un invaso determinante durante il periodo dell’emergenza rifiuti.
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