Ha settant’anni il vigile urbano in pensione che dà lavoro a un vedova in cerca di lavoro in un parcheggio stabiese. Lei, 43 anni di Pompei, per paura di perdere il lavoro, si concede al suo datore di lavoro ma quando scopre che nell’alcova dove i due s’incontrano è nascosta una telecamera, la vicenda assume altri contorni. Un incubo per la povera vedova. Prima una colluttazione nella quale si frattura una spalla, poi strane persone la avvicinano per invitarla a ritirare la denuncia in cambio di denaro, poi ancora minacce di morte a lei al figlio di otto anni, infine le viene incendiata due volte l’auto. Questa raccapricciante vicenda si consuma tra Castellammare di Stabia e Pompei. Ora l’imprenditore è a processo per lesioni aggravate, tentata estorsione e rapina.
Ieri si è celebrata la prima udienza del processo al tribunale di Torre Annunziata durante la quale la donna, più volte in lacrime, è parte civile assistita dall’avvocato Luca Sansone. La sua testimonianza parte dalla fine del 2014, quando la donna – già vedova – si è rivolta all’imprenditore chiedendo un’occupazione. Le viene offerto uno stipendio base per occuparsi di cassa e giardinaggio in un parcheggio, lei accetta. “Dopo qualche mese ha raccontato la donna mi ha chiesto di avere un rapporto sessuale con lui, perché tutte le dipendenti lo facevano. Mi ha fatto vedere anche alcuni video delle altre. Io ho accettato, l’ho fatto più volte, sempre in maniera consenziente perché mi servivano quei soldi”. Lo stipendio iniziale era di mille euro mensili, poi è sceso a 30-50 euro a giornata. Finché, a gennaio dell’anno scorso, la donna scopre che in quel casotto dove c’è la centrale di videosorveglianza, in cui erano soliti appartarsi, c’è anche una telecamera nascosta che la riprende. Dopo una discussione con l’uomo, come riporta Il Mattino, riesce a portare via la microcamera, poi torna dentro e scoppia la colluttazione con l’anziano imprenditore, che le strappa il cellulare dalle mani e poi la scaraventa a terra procurandole la frattura della spalla sinistra. La donna decide di denunciare tutto ai carabinieri, che riescono a recuperare l’intera scena della colluttazione dalle telecamere. Ma da quel momento per la povera donna comincia l’incubo: “Sono stata avvicinata da una conoscente che mi ha proposto soldi per ritirare la denuncia. Poi lo stesso imprenditore mi ha pedinato fino all’ufficio postale di Ponte Persica, battendo i pugni vicino al finestrino dell’auto e chiedendomi di chiarire”. Rifiutando ogni tipo di confronto, la vicenda peggiora: “Un suo dipendente mi ha aggredita per strada e poi mi ha minacciata, dicendo che avrebbero ammazzato me e mio figlio. A settembre mi è stata incendiata per la seconda volta l’auto”. L’imputato è agli arresti domiciliari da sei mesi.
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