La Procura di Ravenna ha disposto un tampone salivare per i tre indagati per il sequestro, l’omicidio e l’occultamento di cadavere di Pier Paolo Minguzzi, il 21enne studente universitario e Carabiniere di leva rapito e ucciso quasi 32 anni alle porte della citta’ romagnola. La Polizia – come riportato da ‘il Resto del Carlino’ – a partire dal periodo natalizio ha raggiunto i diretti interessati nelle citta’ dove oggi vivono: Alfonsine (Ravenna), Ascoli e da ultimo, l’altro ieri, Pavia. Si tratta rispettivamente di Alfredo Tarroni, 63enne idraulico del paese; del 56enne Angelo Del Dotto e del 55enne Orazio Tasca, come il precedente all’epoca dei fatti carabiniere alla caserma di Alfonsine. I tre si sono sottoposti volontariamente al prelievo di materiale biologico da cui verra’ poi estratto il dna da confrontare con quello isolato sotto un’unghia del cadavere del 21enne riesumato il 25 luglio scorso. I campioni sono gia’ stati consegnati all’istituto di medicina legale di Pavia. Minguzzi, rampollo di una famiglia di imprenditori dell’ortofrutta di Alfonsine e carabiniere di leva alla caserma di Mesola, nel Ferrarese, fu sequestrato la notte del 21 aprile del 1987 mentre stava rincasando dopo avere riaccompagnato la fidanzata. E ammazzato probabilmente quasi subito in una stalla abbandonata di Vaccolino, sempre nel Ferrarese, dove mori’ soffocato dopo essere stato legato a una massiccia grata sradicata dallo stesso casolare. Il suo corpo fu gettato nel vicino Po di Volano da dove riaffioro’ dieci giorni dopo nel bel mezzo delle trattative telefoniche con i rapitori. I tre ora sospettati, indagati l’anno scorso dai Pm ravennati Alessandro Mancini e Marilu’ Gattelli, erano stati tutti coinvolti, con condanne passate in giudicato ed espiate, nel caso della tentata estorsione, organizzata giusto qualche mese dopo il sequestro del 21enne, a un altro imprenditore di Alfonsine, tale Contarini, sempre del settore ortofrutticolo. Un contesto nel quale fu ucciso un carabiniere 23enne originario di Caserta ma in servizio nel Ravennate che la notte del 13 luglio 1987 si trovava appostato per sorprendere i malviventi durante la consegna del danaro: 300 milioni di lire, somma identica a quella chiesta per il sequestro Minguzzi.
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